“Mercoledì 30 luglio, alle 18, è stata indetta un’assemblea pubblica ai Giardini Speyer da parte del collettivo Ravenna Antifascista. L’assemblea nasce in risposta al presidio del 19 luglio, indetto a sua volta dopo l’accoltellamento di un giovane ragazzo in piazza Duomo.
“L’ombra nera del fascismo è tornata a infestare le nostre strade. Assemblea aperta a tutte le persone che rifiutano di chinare la testa davanti alla barbarie, che non accettano il silenzio complice, che credono ancora nella dignità umana contro ogni forma di squadrismo. Parliamo della ronda fascista che ha profanato i Giardini Speyer di Ravenna sabato 19 luglio. Un episodio che grida vendetta civile”.
Il collettivo Ravenna Antifascista spiega così le sue motivazioni: “Dopo l’accoltellamento tra minorenni con presunto responsabile di origine tunisina, Francesco Patrizi – padre del ragazzo accoltellato – ha scatenato una “caccia all’uomo” degna dei peggiori momenti della nostra storia. Una ronda non autorizzata eppure benedetta e tutelata dalle forze dell’ordine, in un cortocircuito istituzionale che fa rabbrividire. Il veleno si è propagato come un contagio mortale fino ai livelli nazionali: il quotidiano Libero ha titolato “Ravenna, portate via il magrebino o ci penso io”, mentre Patrizi conquistava i riflettori attraverso “La Zanzara” e i social, trasformandosi nell’ennesimo profeta dell’odio razziale”.
“Tra i protagonisti di questa manifestazione di fascismo e suprematismo bianco si sono materializzati Maurizio Bucci (imprenditore della ristorazione), Gian Filippo Nicola Rolando (ex-consigliere Lega), Veronica Verlicchi e Roberto Ticchi della Pigna”.
Il collettivo evidenzia un episodio avvenuto durante il presidio: “Quando un gruppo coraggioso di donne antifasciste ha osato alzare la voce del dissenso, la reazione è stata una violenza verbale bestiale: “troie in cerca di ca**i ne**i da bombare”, minacce di morte, tentativi di aggressione fisica a cui è seguito un blando intervento delle forze dell’ordine.
Ecco l’amaro paradosso che squarcia ogni illusione: le stesse forze dell’ordine che proteggevano questa manifestazione illegale hanno accerchiato e isolato le persone minacciate, rifiutandosi di identificare coloro che commettevano reato davanti ai loro occhi. All’indignazione delle minacciate, le forze dell’ordine rispondevano con un secco “querelateli” e il tentativo grottesco di disperderle, pur ammettendo che la manifestazione non era autorizzata. Stato di diritto? Quale stato di diritto?”
“, frQuesto episodio non è un caso isolato, ma un tassello malato di una strategia che attraversa l’Italia come una peste: Bologna, Milano anti-“maranza”, dove a definire chi è “maranza” è semplicemente la quantità di melanina, in un mondo sempre più intriso di suprematismo bianco. I personaggi politici locali si fanno megafoni di una retorica velenosa: giustizia privata, espulsione coatta dei “clandestini”, violenza discriminatoria che non conosce limiti. Un agire al di sopra dello Stato e della legge che ricorda gli Stati Uniti di Trump, mentre l’Italia meloniana non è da meno.
Patrizi si erge a paladino dei diritti delle donne, denunciando una presunta concezione animalesca della donna da parte degli “stranieri”. Eppure i partecipanti, sia uomini che donne, alla sua ronda hanno adottato esattamente lo stesso comportamento che lui “stigmatizza”, minacciando donne antifasciste e queer. Come accade nei regimi fascisti, le donne diventano appendici dell’ego maschile, proprietà materiali dell’uomo da “proteggere” – finché non osano disobbedire e ribellarsi. Allora vengono minacciate di morte e spesso assassinate, come urlano i dati dell’Osservatorio nazionale femminicidi: già 51 vittime nel 2025.”
In questa lotta tra poveri orchestrata dal capitale, il classico “divide et impera” vuole metterci gli uni contro gli altri, criminalizzando le persone migranti e le “zecche comuniste” senza considerare il disagio sociale ed economico che ci soffoca, le prospettive di vita rattrappite, i mezzi scarsi. Non possiamo permettere che razzismo e fascismo – perfetti servitori del capitalismo – vengano mascherati da democrazia, da tutela delle donne, da protezione del territorio.
Tutte le persone che hanno a cuore la coesione sociale e la dignità umana sono chiamate a questa assemblea. Chi ha coscienza che oggi sono state aggredite donne antifasciste ma che domani – forse molto più vicino di quanto immaginiamo – potrebbe toccare ad altre frange della società, comprende l’urgenza assoluta di questo momento. La spirale dell’odio non si ferma mai al primo bersaglio: si alimenta, cresce, divora. Ogni silenzio di oggi è complicità con la violenza di domani.”
Il collettivo Ravenna Antifascista

























































