Interveniamo, come MeetUp, sul progetto “Ravenna in Darsena – il mare in piazza”, presentato al Consiglio dei Ministri il 26 agosto 2016 dal Comune di Ravenna e giunto in 73 esima posizione nel “bando periferie”.

Il progetto presentato ha subito alcune modifiche, come lo spostamento del secondo stralcio di Darsena PopUp – inspiegabile la mancata concessione da parte di CMC della zona dell’ex bitumificio SIC – la decadenza del costosissimo progetto “SigarOne” per la riqualificazione del magazzino a copertura parabolica ex Sir per cui da ormai da otto anni ci stiamo battendo, mentre permangono diversi dubbi sul progetto complessivo. Ad esempio, parliamo del nuovo sistema fognario progettato dal Comune per l’intero comparto, oppure del progetto per l’ex magazzino della fosforite del sub-09comparto ex Sir (cosiddetta Area T), costato la distruzione dell’ultima gru di banchina e diventato, da area espositiva, birrificio. Ma aspettiamo il progetto esecutivo complessivo depositato oggi dal sindaco per esprimere giudizi puntuali.

Sembrano quindi ben fondate le istanze di una verifica generale di un ambizioso progetto partito esattamente due anni fa, mentre pare che nemmeno un euro sia mai arrivato a Ravenna da parte del Governo precedente. Fermo resta, comunque, che uno degli obiettivi di Governo che abbiamo perseguito anche localmente, sia la riqualificazione delle aree degradate, attraverso cui abbattere il consumo di suolo, combattere il degrado sociale, favorire sicurezza ed integrazione, recuperare gli edifici di pregio dismessi, effettuare, in sostanza, la “ricucitura” di parti di città, come ricordato dalla portavoce in Senato Michela Montevecchi in un recente contributo che qui riportiamo.

 “Riusare l’Italia col buon senso: una sfida di civile semplicità”: un importante spazio di discussione intorno a un tema che sinora è rimasto ai margini, se non estraneo, all’agenda politica di chi ha governato. Mi riferisco naturalmente alla questione della mappatura, studio, recupero e nuova destinazione –nell’ottica del riuso e del contrasto al consumo di suolo – di tutta quella parte del nostro patrimonio architettonico – in cui è ricompresa la parte cosiddetta di “archeologia industriale” – che risulta a tutt’oggi in stato di abbandono e di degrado strutturale.

Sono temi che abbiamo iniziato ad affrontare insieme all’inizio della scorsa legislatura e che ci hanno spinto a promuovere iniziative non solo istituzionali ma anche informative attraverso momenti di pubblico dibattito.

Contrariamente a quanto si può pensare, temi come questi sono strettamente legati non solo al recupero di manufatti architettonici di pregio storico ma anche alla “ricucitura” – mi permetto di mutuare il termine da Renzo Piano – del tessuto sociale e culturale delle zone su cui questi manufatti insistono, anche nelle aree più periferiche del nostro Paese. La promozione di un nuovo umanesimo e la costruzione di ponti culturali passa anche dalla creazione di luoghi d’incontro e diffusione e produzione di arti e prodotti dell’intelletto in generale.

Ma anche per esempio attraverso la creazione di spazi ove praticare sport o dove collocare incubatori di startup innovative o infine centri di ricerca – per fare alcuni esempi.

Sono pertanto molto lieta che il tema dell’abbandono, del recupero e del riuso di questi spazi, compaia tra le linee programmatiche del ministro dei Beni e delle Attività Culturali – Alberto Bonisoli.

Lieta poiché l’aver riconosciuto l’esistenza di queste istanze è stata da me letta come una inconsueta manifestazione di interesse per avviare un progetto molto ambizioso, con un orizzonte che va sicuramente oltre l’arco di una legislatura e che necessita di essere quanto meno impostato ed avviato.

Gli ostacoli di ordine pratico infatti non sono pochi e le scelte dovranno certamente conformarsi ad un ordine di priorità – anche in considerazione delle risorse finanziarie a disposizione.

Ciò nonostante sarà mia/nostra premura impegnarci affinché non sia persa l’importante opportunità che si profila.”