Riceviamo e pubblichiamo l’opinione di Ivan Simonini sulle prossime amministrative.
“La vera novità di queste elezioni ravennati è che, a sorpresa, Lega e Fratelli d’Italia puntano “laicamente” su un candidato sindaco la cui cultura politica, dopo il suo biennio bossiano, è intrisa di esperienze “di sinistra”. Per 26 anni dirigente Confesercenti, negli ultimi 8 a livello nazionale, Donati, invece di rinnegare tali esperienze maturate sul fronte opposto, le conferma politicamente. Anzi dichiara: “Per avere un’altra città non c’è nulla da distruggere ma bisogna ascoltare”. Il principale candidato sindaco dell’opposizione salva dunque il glorioso patrimonio di servizi sociali costruito dai sindaci socialisti, comunisti e postcomunisti dal 1969. Si distingue apertamente da de Pascale soprattutto su un aspetto: la gestione del potere amministrativo a Ravenna – dice Donati – ha esaurito negli anni il suo carattere democratico originario diventando puramente autoreferenziale e antidemocratica tanto che anche il sindaco uscente ne è consapevole e si ricandida sulla base di una tardiva “movimentazione civica”, proprio quella che in 5 anni ha ignorato e che, proposta oggi, perde ogni credibilità. Donati si spinge inoltre più a sinistra di de Pascale anche su diversi temi specifici, come il rilancio della strategia dell’attenzione verso i ceti medi urbani, antica battaglia e vocazione del PCI emiliano e romagnolo: in sintesi, i valori tradizionali della sinistra (dal lavoro alla solidarietà) devono diventare valori della nuova destra.
Conosco Michele de Pascale da 5 anni, me lo volle presentare Fabrizio Matteucci, mi parve decisamente simpatico e mi bastò per dargli una mano in campagna elettorale. Conosco Filippo Donati da 50 anni, era un robusto bimbetto quando suo padre, elettore repubblicano e titolare del negozio Donati Sport, faceva pubblicità su un periodico studentesco cui collaboravo a metà anni ’60. Nel dubbio se sia più a sinistra Donati o de Pascale, l’elettore rosso ha comunque l’imbarazzo della scelta e può destinare il suo voto pure a una delle liste di sinistra estrema, due delle quali si richiamano al comunismo. Anche chi vuol votare a destra può sbizzarrirsi e destinare il suo voto o alla destra classica di Forza Italia o alla destra radicale della Pigna oppure al listone cattolico di destra-centro di Alvaro Ancisi.
Quanto al mio voto senza peso, per la prima volta in un’elezione del sindaco di Ravenna deciderò solo all’ultimo momento, ma riflettendo su un possibile effetto collaterale. Ravenna è stata spesso laboratorio di ipotesi poi realizzatesi nazionalmente. A Roma, dopo il fallimento dell’alleanza giallo-verde (5 Stelle – Lega) e il fallimento dell’alleanza giallo-rossa (5 Stelle – PD), rimane da sperimentare un’altra alleanza non più assurda delle due precedenti: l’alleanza rosso-verde (PD – Lega). I due partiti tra l’altro godono della migliore organizzazione di base.
Fantapolitica? Forse! Ma se, più di Letta e Salvini, contassero i Governatori delle Regioni (da Bonaccini a Zaia, da De Luca a Fedriga) tale intesa avrebbe già fatto i primi passi concreti. Le elezioni amministrative ravennati – a prescindere dal vincitore – potrebbero cioè rivelarsi, nei contenuti, la prova generale di un futuro Governo tra il Carroccio e i postcomunisti.”