Pubblichiamo la lettera aperta inviata in redazione da un gruppo di docenti dell’Istituto Comprensivo “Francesco d’Este” di Massa Lombarda:

“Cari genitori, care famiglie, cittadine e cittadini,

siamo alcune e alcuni docenti dell’Istituto Comprensivo “Francesco d’Este” di Massa Lombarda. Domani aderiremo allo sciopero generale proclamato in solidarietà alla popolazione palestinese. Di norma, uno sciopero non si giustifica: è un diritto che si esercita, non un atto che va spiegato. Ma in questo caso sentiamo il bisogno — anzi, il dovere — di condividere con voi le ragioni che ci spingono a questa scelta.

Come cittadine e cittadini, docenti ed educatori non possiamo stare in silenzio o fare finta di nulla rispetto a quanto sta avvenendo in Palestina. Da mesi assistiamo impotenti a una catastrofe umanitaria di proporzioni inaudite: migliaia di civili uccisi, tra cui migliaia di bambini; ospedali, scuole, università rasi al suolo; intere famiglie cancellate; l’acqua, il cibo, le medicine negati come strumenti di pressione. Nella notte appena trascorsa, la Global Sumud Flotilla, una missione umanitaria diretta a Gaza, è stata abbordata militarmente in acque internazionali — un atto che viola palesemente il diritto internazionale.

Tutto ciò che insegniamo a scuola — dalla storia alla letteratura, dall’educazione musicale alle scienze — ha un unico scopo: fornire alle vostre figlie e figli, alle nostre alunne e alunni, gli strumenti per leggere il mondo con occhi critici, riconoscere l’ingiustizia, distinguere il diritto dalla forza. Ed è proprio perché insegniamo loro a guardare la realtà con questi strumenti che ci sentiamo profondamente coinvolti da ciò che sta accadendo oggi.

In classe raccontiamo la storia del Novecento: la Shoah, i bombardamenti su Hiroshima, la Resistenza, la Costituzione nata dalle ceneri della guerra. Parliamo di figure come Martin Luther King, che insegnò che “l’ingiustizia da qualche parte è una minaccia alla giustizia ovunque” e che scelse di mobilitare migliaia di persone per opporsi con fermezza, ma senza violenza, alle leggi ingiuste. In educazione civica, spieghiamo che la democrazia vive di partecipazione, di responsabilità, di scelte — anche scomode — che tengono conto degli altri, non solo di sé. Ma come possiamo insegnare tutto questo se noi stessi, di fronte a ciò che sta accadendo oggi, scegliamo il silenzio?

Sappiamo che una comunità viva — che sia una classe, una scuola o l’intera comunità internazionale — si fonda sul rispetto di regole condivise. È ciò che insegniamo ogni giorno: che nessuno può fare ciò che vuole, che la convivenza richiede limiti, rispetto e giustizia. Se permettiamo che una nazione calpesti impunemente il diritto internazionale, rischiamo di consegnare a chi verrà dopo di noi un mondo dove vige solo la legge del più forte. Non possiamo accettare questa deriva.

Per questo domani prenderemo parte a questa mobilitazione: non per imporre un’opinione, ma perché crediamo che l’educazione non possa essere disgiunta dall’esempio. Non possiamo chiedere ai nostri studenti di diventare cittadini consapevoli, critici e solidali, se noi adulti per primi non siamo disposti a mettere in gioco qualcosa quando la coscienza chiama. Proprio come in classe, quando richiamiamo chi non rispetta le regole o riflettiamo con i vostri figli sull’importanza del patto comune, così oggi sentiamo il dovere di richiamare l’attenzione su ciò che non funziona nella comunità più ampia a cui tutti apparteniamo.

Sappiamo che questa scelta può generare disagio. Lo comprendiamo, e ne siamo dispiaciuti. Ma il disagio, a volte, è l’anticamera del confronto, e il confronto è ciò che rende viva una comunità. Scioperiamo perché educare è un compito che condividiamo con le famiglie, e questo compito ci richiede coerenza tra ciò che diciamo in classe e ciò che facciamo fuori.

Domani, scioperando, non voltiamo le spalle alla scuola: al contrario, cerchiamo di restare fedeli alla sua missione più profonda — quella di formare persone capaci di guardare al mondo con occhi aperti, cuore attento e senso di giustizia.

Con rispetto e stima”.