“Sulla decisione di accorpamento fra le Camere di commercio di Ravenna e di Ferrara sono sempre emerse delle forti perplessità e soprattutto la più netta contrarietà sulla decisione della giunta regionale responsabile di aver sbloccato, appunto, il percorso di fusione  di questi due enti camerali.  Avere unito Ravenna con Ferrara è stato a mio parere un grosso errore dettato da logiche lontane dalle esigenze reali e dall’omogeneità dei territori estense e bizantino. Nel lungo, travagliato e incoerente percorso di unione delle citate camere, l’ente cittadino ha sempre disdegnato i ripetuti inviti delle omologhe camere di Forlì, Cesena e di Rimini promotrici della costituzione di una camera di commercio unica  della Romagna cui hanno aderito tutti i comuni, e di conseguenza il nuovo ente romagnolo ha visto il suo decollo privo di una parte significativa del territorio. Si è trattato di una decisione davvero  bizantina!

Sulla questione in oggetto, proprio in questi giorni sta approdando la nascita della Camera di commercio dell’Emilia di cui fanno parte Reggio Emilia, Parma e Piacenza: iniziativa ispirata alla stessa logica con cui hanno agito gli enti romagnoli, esclusi, appunto, Ravenna e Ferrara. Ed anche questa scelta emiliana, per certi aspetti, rimbrotta la scelta optata dagli enti ferrarese e ravennate, dimostrando ancora una volta l’esigenza di consolidare tutte le organizzazioni, così come fece l’Azienda sanitaria della Romagna in modo pionieristico.

Si tratta, insomma, di accorpamenti logici attraverso i quali si sarebbero potute produrre economie di scala e proficue convergenze su un territorio omogeneo, come ha sostenuto in più occasioni, tra gli altri, l’associazione degli Industriali romagnoli. In conclusione, nessuno disconosce l’importante obiettivo dell’autonomia, ma si abbia almeno il coraggio di affermare che il percorso e le locali scelte compiute si sono rivelate incoerenti e scarsamente utili per il  nostro territorio”.