“L’ordinanza della Cassazione pubblicata il 14 aprile scorso ha pronunciato l’illegittimità delle sanzioni applicate ai conducenti di veicoli stradali con accertamenti prodotti da dispositivi elettronici dotati di “autorizzazione”, ma non di “omologazione”, come quelli in uso nel comune di Ravenna. Il 2 maggio, il capogruppo di Lista per Ravenna Alvaro Ancisi, proponendo al Consiglio comunale l’ordine del giorno intitolato “Obbligatorio sospendere gli autovelox e velobox non omologati”, espresse anche l’auspicio che il Comune annullasse, in autotutela (cioè di propria iniziativa, non dietro ricorsi a superiori autorità), i verbali che avevano impropriamente indotto i suoi cittadini a pagare questo genere di multe, disponendo, di conseguenza, il risarcimento dei danni loro inflitti.

Allo scopo, Ancisi propose ai lettori dei giornali locali,  come facsimile, l’istanza rivolta al Comune dall’ing. Riccardo Merendi il  27 aprile affinché  annullasse in autotutela il verbale con cui gli aveva contestato, tramite autovelox non omologato, un presunto superamento del limite di velocità avvenuto in via Reale a Mezzano. Presupposto della richiesta è stato l’obbligo, definito dalla circolare del Ministero dell’Interni n. 66 del 1995, secondo cui, in questi casi, la Polizia Locale trasmette gli atti al Prefetto perché proceda, per competenza, all’annullamento dei verbali relativi. La risposta del Comune è arrivata questo 21 maggio tramite la Polizia Locale. Ci pare doveroso informarne i cittadini perché ne traggano cognizione.

In sintesi, la risposta afferma quanto segue: “[…] una volta effettuato il pagamento in misura ridotta entro sessanta giorni dalla contestazione o notificazione del verbale […] rimane preclusa la possibilità d’impugnare l’accertamento dell’infrazione” comportando ciò  “la definitiva preclusione per il contravventore di contestare e mettere in discussione i presupposti di fatto della sanzione […]. Un’eventuale revisione della situazione ad iniziativa dell’Amministrazione, con annullamento d’altri provvedimenti ancora in itinere, non consentirebbe interventi sui procedimenti ormai definiti con oblazione […]”. Il contravventore, “con il pagamento in misura ridotta, ha fatto acquiescenza […]  anche per eventuali pretese civilistiche […]”.

Al riguardo, Ancisi e Merendi obiettano quanto segue. Che il pagamento della sanzione equivalga all’ammissione della colpa e precluda qualsiasi ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace ci era ben noto. Merendi non aveva però prospettato un ricorso, ma chiesto, ben diversamente, l’annullamento del suo verbale in autotutela, basato cioè sulla facoltà, concessa per legge ad ogni pubblica amministrazione, di annullare i propri provvedimenti quando si rende conto che sono illegittimi od errati, come in questo caso. Avendo la Corte di Cassazione stessa ammesso, nell’ordinanza,  che la questione affrontata era del tutto nuova e si inseriva in un panorama non chiaro, appare del resto pretestuoso pretendere che un automobilista, se non esperto di diritto della circolazione stradale, possa contestare all’amministrazione stessa l’adozione di strumenti illegittimi, quando la conformità degli stessi è descritta artatamente nei verbali attraverso, per esempio, un giro di parole attestante l’impiego di un “velocar omologato con  decreto di approvazione”, cioè non omologato, secondo la Corte. Si può giustificare che la Polizia Locale di Ravenna (tecnicamente una delle migliori in Italia), rispondendo al posto del sindaco da cui dipende sotto l’obbligo, imposto dal bilancio comunale, di autofinanziarsi con le proprie multe, rilevi l’ammissione di colpa degli automobilisti ingenuamente fidatisi di quanto scritto nei verbali ricevuti. Questo non fa però onore al sindaco che, rappresentando tutti i cittadini, nega loro, di conseguenza, equità e ragione. Peggio per il cittadino – incompetente, ignaro o anche solo pigro quanto si voglia – se paga perché tratto in inganno dalla verosimiglianza degli asseriti “accertamenti”, oltretutto privo di prove contrarie da esibire. Ciò significa, però, che si conta proprio su questa sua inermità per far cassa, trascurando che in tal modo si posa un’altra pietra sul muro della diffidenza che sempre più divide i cittadini da chi ne tradisce la fiducia.”