“Il nuovo orario invernale dei treni ha allungato i tempi di percorrenza della linea Ravenna/Bologna portandoli ad un’ora e 12 minuti, tre o quattro in più rispetto al 2019. È stato così azzerato per metà il miglioramento introdotto quell’anno, quando i tempi antidiluviani del tragitto tra il capoluogo dell’Emilia-Romagna e la città maggiore della Romagna scesero finalmente sotto un’ora e 20 minuti. Alcuni treni vengono rallentati anche di più minuti, finanche sette (quello delle 21:43 per Bologna). Essendo stato soppresso il treno veloce delle 21.10 per Bologna, chi lo prendeva arriva ora 50 minuti dopo. Di fatto, le tabelle orarie sono pressoché invariate da 40 anni, con una velocità media oraria di 67 chilometri, o addirittura di 55 chilometri per i treni di prima mattina e della sera. Nel primo semestre del 2023, la puntualità e la regolarità  dei treni sono state le peggiori dell’intera rete regionale, escludendo le linee alluvionate, chiuse per troppi mesi. In sostanza, treni sempre più lenti e con meno corse, con tariffe sempre più alte. Le cause di tanto malservizio sono molteplici, tuttavia concentrabili in due gruppi.

 

1) DISFUNZIONI ORGANIZZATIVE

 

Il servizio ferroviario a breve distanza è in capo alla Regione Emilia-Romagna, che l’ha affidato ad una società composta da Trenitalia e Tper/Trasporto Passeggeri Emilia-Romagna (azienda formata per quasi la metà dalla Regione stessa e per il resto da enti pubblici del territorio). Il servizio Bologna/Ravenna è parte fissa della linea Bologna/Ravenna/Rimini, con gli stessi rotabili per l’intera giornata. Ogni convoglio che arriva ad un capolinea riparte perciò nella direzione opposta. Per motivi di risparmio, si è scelto di lasciare appena 10 minuti di sosta a Bologna tra il treno in arrivo da Rimini e quello successivo in partenza nel senso contrario. A Rimini, la sosta, leggermente migliore, è di 20 minuti. Se un treno arriva ad un capolinea pochi minuti dopo, il ritardo si ripercuote sul treno successivo, spesso aggravandosi, perché, perdendo la traccia oraria naturale, finisce dietro a treni viaggiatori più lenti, a treni merci, ecc., con effetto valanga. Accumula così una somma di ritardi che si riflette sull’intera giornata, oppure produce cancellazioni sistemiche.

Questi disservizi si potrebbero risolvere abbastanza facilmente, se ci fossero segnali di volontà politica, aggiungendo più convogli, o almeno aumentando i tempi di sosta programmata, a cominciare dagli insensati 10 minuti di sosta fulminea in quel di Bologna. Rimini e Bologna hanno molte altre opportunità di collegamento ferroviario lungo la dorsale della via Emilia, delle quali la nostra città, pagando  enormemente la morsa in cui la linea Bologna/Ravenna/Rimini la stritola, non dispone. Non bastasse, deve fare i conti coi due binari in uscita dalla propria stazione verso Russi, uno dei quali non è utilizzabile in direzione Ravenna, ma solo in direzione Russi, e funziona addirittura per metà, perché serve anche i treni provenienti da Faenza su un binario altrettanto unico. Questa assurda strozzatura in entrata è dovuta ad impianti paleolitici che non dovrebbe essere difficile “civilizzare”. Come pure, non dovrebbe essere impossibile, solamente che il governo di questa città volesse occuparsene, ottenere più servizi nella fascia del mattino, per coprire il buco profondo tra le 6:27 e le 7:55, orario cardine per i negletti pendolari.

2) DEFICIENZE STRUTTURALI

 

La situazione infrastrutturale, terribilmente critica, risente da sempre di mancati investimenti delle Ferrovie dello Stato e dal 2001 di RFI, Rete Ferroviaria Italiana, nel silenzio totale dell’istituzione regionale e di quelle locali. I treni Bologna/Ravenna/Rimini percorrono la linea per Ancona fino a Castelbolognese solitamente senza grossi intoppi, essendo a doppio binario, con limite di velocità oraria di 180/200 chilometri e senza passaggi a livello. Il calvario è nella linea Castelbolognese/Ravenna, la quale, di fatto immutata dal 1870, arriva al capoluogo con un solo binario. La radice dei mali sta qui, nel suo mancato raddoppio, che dovrebbe essere una delle massime priorità per i governi di questa città e della Regione. Certo costerebbe centinaia di milioni e anni di cantieri, oltre a due o tre anni di progettazione, impresa non attuabile in un tempo meno che medio. Dalla ricostruzione dell’Italia, dopo la seconda guerra mondiale, sono passati però 65 anni, 53 dei quali nelle mani di governi dello stesso colore, a Ravenna come in Regione. Per uscire da questo lungo tunnel, bisogna dunque che si facciano almeno carico del problema con energia, cominciando ad assumersi la propria parte di responsabilità di fronte allo Stato. Nell’attesa, esistono tuttavia numerosi interventi che, senza ricostruire l’infrastruttura, potrebbero migliorare sensibilmente la mobilità ferroviaria di persone e merci con risorse finanziarie sostenibili nel breve tempo. Opere meno impegnative, che dimezzerebbero i disservizi più gravi e toglierebbero almeno 15 minuti di corsa a tutte le tratte. Numerosi cantieri minori, già parte di accordi tra Regione ed RFI (nel 2017 e nel 2019), non hanno avuto seguito.

Potremmo esporre noi stessi un elenco dettagliato di interventi fruttuosi, tutt’altro che sconvolgenti. Al momento, ci limitiamo a chiedere al sindaco come valuta il quadro e le indicazioni operative sopra esposti e come intende attivarsi al riguardo, preso atto che il Comune di Ravenna, essendo socio di Tper/Trasporto Passeggeri Emilia-Romagna, non è esterno alla causa.”

Alvaro Ancisi

(capogruppo di Lista per Ravenna)