“Si legge come l’ex dirigente del Servizio Tutela Ambiente del Comune di Ravenna attualmente coinvolto nelle indagini per la strage da botulino di migliaia di uccelli nella Valle Mandriole (“Valle della Canna”) del 2019, attribuirebbe alle proteste degli ambientalisti per il taglio di alcuni alberi, la mancata esecuzione dei lavori che portarono alla strage.

Ebbene, le argomentazioni portate a discolpa paiono essere molto gravi, motivo per cui riteniamo sia doveroso che il dirigente precisi esattamente a quali episodi – a noi sconosciuti – e a quali ambientalisti si riferisce. Così come risulterebbe grave, stando alle sue parole, l’implicita ammissione che a causa di ipotetici oppositori, gli enti pubblici abbiano alzato le braccia e lasciato che la strage potesse aver luogo. Eppure… da quando, dal 2012, è cessato l’affidamento di Punte Alberete e Valle Mandriole all’associazione di protezione ambientale L’Arca (prima il WWF), che se ne prese cura per quarant’anni rendendo quei luoghi gioielli ambientali invidiati da tutta Europa, la gestione è stata completamente in mano al Comune di Ravenna ed al Parco del Delta del Po. Ma a questo dato di fatto si affianca ogni volta la storiella, vecchia ormai di mezzo secolo, del mondo venatorio che continua a raccontare: “Quando c’eravamo noi…”, senza saper bene nemmeno di cosa parla e senza ammettere che sia Parco che Comune siano tutt’altro che sordi alle loro istanze. Cosa hanno fatto nel frattempo i cosiddetti “ambientalisti”, dal 2012 al 2019 e oltre, se non denunciare pubblicamente con preoccupazione via via crescente la situazione che ogni anno si ripresentava, senza che gli enti provvedessero in alcun modo? Pare persino che alcuni finanziamenti già stanziati dalla Regione per arginare il possibile disastro vennero rimandati indietro, in quanto il progetto di adeguamento dei sistemi di adduzione dell’acqua non fu presentato da chi di dovere nei termini. Quale scellerato “ambientalista” avrebbe mai potuto opporsi all’urgenza di realizzarli?

Sembra quasi che anche in questa occasione venga riproposta la “narrazione” collaudata con successo da Sindaci e Regione sui cittadini stremati durante la recente alluvione: la colpa non è della cementificazione, dei mancati adeguamenti, delle casse di espansione mai realizzate; le cause non sono della non corretta manutenzione rispettosa degli ultimi “corridoi verdi” previsti dalle Direttive europee in questa landa inquinatissima che è la Pianura Padana, non è dei mancati adeguamenti di una rete idrica antica di secoli, non delle inefficienze di chi dovrebbe provvedere, cioè, in poche parole, il disastro non è causato dai cambiamenti climatici e dall’uso scriteriato ed obsoleto del territorio ma… dall’ambiente stesso, dagli alberi, dagli istrici, dagli uccelli nidificanti, e, in buona sostanza… dagli ambientalisti! Le parti offese coincidono con i colpevoli.

E’ questo il senso delle affermazioni dell’ex dirigente comunale, approdato dopo pochi mesi dalla strage a svolgere lo stesso prestigiosissimo ruolo in Regione? Confidiamo in un pronto chiarimento.

Nel frattempo, ricordiamo la frase che venne pronunciata dall’allora direttrice dal Parco, anch’essa oggi coinvolta nelle indagini, durante un’audizione in Regione a poche settimane dalla strage: “In una stagione venatoria vengono uccisi, dichiarati, diecimilacinquecento uccelli, diecimilacinquecento capi che risultano da carniere, e questi dati me li ha forniti la Regione Emilia Romagna, deputata al conteggio del carniere rispetto ai tesserini di caccia”. La direttrice soggiunse: “Quello che vorrei rilevare… è che tutti gli anni muoiono a seguito di esercizio di attività venatoria probabilmente il triplo – mi si dice – di quanto dichiarato. Oserei dire che non possiamo comunque parlare di un disastro: semplicemente questi uccelli non sarebbero morti in questo modo, sarebbero stati ammazzati altrove. Una conclusione sicuramente un po’ azzardata, ma i dati lo confermano”. Chissà se anche su questo punto verrà mai fatta chiarezza.”