Hanno corso 145 ore, dormito poco più di 5, mangiato nei punti vita e affrontato ogni tipo di clima sulle più alte cime della Valle d’Aosta ma hanno portato a termine il massacrante Tor330.
Sono partiti domenica 10 settembre alle 10 del mattino da Courmayeur con altri 1000 atleti provenienti da tutto il mondo, Piero Brandolini e Erik Flamini hanno tagliato l’arrivo assieme sempre a Courmayeur sabato 16 alle 10 del mattino, dopo quasi una settimana, fra i 600 che hanno portato a termine la corsa.
Una corsa fra le alte vie montane della Valle d’Aosta con stretti cancelli orari entro cui passare per assicurarsi di poter proseguire. I 330km da percorrere correndo prevedono un dislivello del percorso di 24.000 metri, praticamente come salire tre volte di seguito il Monte Everest.
I due esperti atleti ravennati, hanno condotto tutta la gara assieme, dal primo chilometro all’ultimo, tra Il caldo iniziale, tra la pioggia martellante nelle cime impervie alle buie notti rischiarate solo dalla torcia frontale.
“La fatica è stata tanta, anche psicologica – dichiara Brandolini – ma personalmente la cosa maggiormente difficile da gestire è stato il cibo seppur l’Organizzazione della corsa, nei punti vita, metta a disposizione molto cibo locale. In certi momenti, soprattutto al buio e dopo tante ore di corsa e carenza di sonno, la testa non sempre è lucida e ti fa vedere cose che non sono reali ma a questo eravamo preparati e con il mio socio siamo andati avanti, facendoci forza a vicenda. Quella che siamo riusciti a portare a termine è una gara molto dura e di innegabile soddisfazione”.
“È stato il secondo tentativo – dichiara Flamini – quello buono. Nonostante la fatica, le difficoltà, il tempo che scorreva inesorabile e le crisi da superare, il viaggio è stato davvero incredibile. Per terminarlo, oltre che mesi di allenamenti e metri di dislivello accumulati, a mio avviso, ci vuole anche una certa componente di fortuna e di coincidenze che devono girare a tuo favore, e devo ammetterlo in questa settimana gli astri ci sono stati benevoli. Non da meno la presenza del nostro amico Matteo, che ci ha fatto assistenza, nei momenti decisivi.”