“La Regione, come estrema ratio,  ha promosso i Cau con l’obiettivo di sgravare i Pronto soccorso letteralmente in forte affanno. Il decollo è avvenuto e i ‘numeri’ di accesso lascerebbero intendere un avvio  positivo, anche se s’intravedono  palesi criticità sull’impostazione complessiva. I Centri in questione sono stati presentati, infatti, come pronto soccorso dedicati alle urgenze di minore gravità, ma in buona sostanza si sono rivelati come servizi di medicina di base, né più né meno. Si tratta, dunque, di strutture sanitarie che si occupano di prestazioni in qualche misura sovrapponibili a quelle erogate dai medici di base e dalla guardia medica che poco hanno a che fare con i P.S., tant’è che sono inseriti nell’ambito delle cure primarie e non dell’emergenza urgenza. Stiamo parlando, quindi, di attività di medicina di base ma il futuro della medicina del territorio non può essere certamente  affidato ai Cau! Oltretutto siamo di fronte al possibile smantellamento della Guardia medica e, pare stia avvenendo, inoltre, un alleggerimento delle attività in capo ai  medici di medicina di base invece di puntare sulla maggiore integrazione e sulla loro valorizzazione. Insomma invece di sgravare il pronto soccorso ospedaliero  paradossalmente sono gli studi dei medici di base ad avere meno richieste di prestazioni poiché i pazienti trovano nel Cau un percorso semplificato e diretto, senza alcun bisogno di appuntamento.  Il futuro, piuttosto, dovrebbe essere quello del potenziamento della rete della medicina territoriale  in cui la guardia medica in forza nel Cau rappresenterebbe la figura più consona al ruolo del medico.  Tra l’altro occorrerebbe chiarezza anche sulla centrale telefonica unica per la Romagna che di fatto smantella  la centrale operativa medica ma il cui operatore  sarà  non sanitario e quindi non in grado di fornire consulenze, come avveniva,  dovendosi di fatto limitare al semplice  smistamento delle telefonate.

Ma ritornando al merito il dato oggettivo pare essere rappresentato dalla carenza di professionalità e competenze professionali per le quali servono percorsi ben solidi di formazione delle figure sanitarie, pur in un contesto di oggettivo  depotenziamento dei servizi. Manca, inoltre, l’integrazione reale con i medici di famiglia per la dimissione dal Cau per la continuità delle cure, così pure appare ancora troppo confuso l’eventuale percorso  privilegiato da instaurare fra questo centro e gli specialisti ospedalieri o per le fruizioni della strumentazione  diagnostica necessaria per valutazioni ulteriori (Eco,Tac,RSM,Rx).

In ultima analisi siamo ben lontani dal raggiungimento dell’obiettivo primario finalizzato a limitare  l’afflusso ai pronto soccorso, e, oltretutto, si rischia che i Cau dequalifichino il livello della sanità pubblica in termini di  risposta e di appropriatezza. Non vorremmo certamente che  si profilassero all’orizzonte pericolosi tagli ai servizi in qualche modo mascherati dalla riorganizzazione dei servizi.”