“Per una volta l’ultima parola l’ha avuta chi aveva lottato contro un’assurda lottizzazione. Non a Ravenna, qui non è mai accaduto: il PD in salsa de Pascale è partito di lotta (a favore dei cementificatori) e di governo (a favore dei cementificatori) senza se e senza ma. Poco distante, un altro piccolo regno piddino, quello faentino, ha cortocircuitato e ha addirittura fermato (udite udite) le cooperative bianche dei costruttori. Una roba che nel comune più bianco (ex democristiano) della provincia ha fatto arrabbiare tantissimo chi voleva scambiare un orto, l’orto Bertoni, detto dellaGhilana, vecchio di cinque secoli, con delle villette nuove di zecca.
Il direttore della cooperativa titolare del progetto dice che «C’è stanchezza, delusione e rabbia. Parliamo di un iter iniziato nel 2019 e non ancora concluso. Tempi lunghissimi. Il Comune non potrà autorizzare le nuove urbanizzazioni. Riteniamo questo atteggiamento profondamente scorretto e ingiusto. In questa maniera si mette in difficoltà la massa silenziosa di chi opera onestamente nel rispetto delle regole e si premiano invece posizioni pseudoambientaliste di piccole minoranze che sanno dire solo “no”, perché non hanno competenze o vere idee per proporre soluzioni percorribili» (Faenza: stop alle urbanizzazioni nelle aree alluvionate, sospeso il progetto Ghilana, in Piazza – mensile di confcooperative, aprile 2024).
Il fatto è che Bonaccini, entrato in campagna elettorale prima ancora di dichiararsi in lista, aveva deciso che gli occorreva un po’ di greenwashing per ripulirsi da tutto quel cemento che gli era rimasto appiccicato alla barba nei dieci anni in cui mai ha negato qualcosa al partito regionale degli immobiliaristi: «Non si costruirà più nelle aree allagate. Perché il principio di precauzione nei nuovi piani dovrà essere inserito per evitare che quello che mai avremmo immaginato capitasse, il terremoto in Emilia del 2012 e l’alluvione qui un anno fa, possa ricapitare facendo gli stessi danni». E che la Ghilana sia finita sott’acqua con l’alluvione è un fatto incontestabile. Il PD faentino (con l’aiuto dei 5S) si è piegato alle esigenze del governatore, dopo aver sostenuto fino al momento prima il contrario. L’altro pezzo di maggioranza, più sensibile alle esigenze delle cooperative bianche che alle necessità del terminando “governatore”, si è opposto allo stop alla cementificazione votando assieme al centrodestra. Un pari e patta in Consiglio Comunale, 11 a 11, che però nel Consiglio dell’Unione faentina, ha visto prevalere i bonacciniani. Parliamo di bonacciniani e non di ambientalisti perché, chi ha seguito in questi mesi e anni la vicenda della lottizzazione Ghilana, sa bene che gli ambientalisti sono sempre stati lasciati ben fuori dalle stanze del governo locale.
Ravenna in Comune ringrazia Faenza eco-logica e quante e quanti hanno sostenuto le validissime ragioni per impedire l’ennesima impermeabilizzazione. Non perdiamo invece nemmeno un minuto per chi si è sempre speso per cementificare e questa volta, per sola obbedienza al cacicco di turno, si è dovuto trattenere. Sappiamo bene che l’eccezione non è regola e che infatti altri via libera si affollano. Ci piace piuttosto concludere citando da un brevissimo trafiletto di Luca Manservisi (Ma allora la politica può ancora decidere…, R&D 2 maggio 2024): «l’urbanizzazione (della Ghilana ma anche di Biancanigo, a Castel Bolognese) è stata letteralmente affossata dal consiglio dell’Unione della Romagna Faentina, che ha seguito così le linee guida del Presidente della Regione Stefano Bonaccini, che nelle scorse settimane aveva criticato l’intenzione di costruire in terreni alluvionati. Un cambio di strategia su progetti urbanistici che a Ravenna ci era sempre stato detto non essere possibile (è il caso dei numerosi supermercati aperti negli anni o in procinto di aprire). Ma che invece lo è, pur a rischio di ricorsi al Tar e di risarcimenti dovuti ai privati. La politica, insomma, può ancora decidere. Ricordiamocelo…».
Appunto, a Ravenna non si fa. Nemmeno una volta. Nemmeno come eccezione. Il centrosinistra targato de Pascale ha sempre detto, sin dalla scorsa consigliatura, che in futuro, in un futuro lontano, toccherà applicare norme più stringenti. Ma per ora si continuano a seguire le indicazioni dei precedenti piani urbanistici, quelli pensati in forza di una crescita demografica inesistente, che continuano a consentire costruzioni su costruzioni, anche in terreni a rischio sommersione, nonostante ci siano 30mila abitazioni non abitate, vuote scannate, solo nel nostro Comune. Ravenna in Comune ha sempre sostenuto, sia dentro che fuori dal Consiglio Comunale, che l’ultima parola spetta sempre alla politica, altrimenti il voto delle delibere sarebbe solo una perdita di tempo. E l’ultima parola può essere anche quella di negare, con coerente motivazione, ciò che in altro tempo altra parola aveva invece consentito. Repetita iuvant:
«Ravenna in Comune torna a chiedere al Comune di Ravenna di sospendere, meglio ancora bloccare, il rilascio di nuove autorizzazioni che implichino un incremento del consumo di suolo. Invita a prendere in considerazione con immediatezza l’esigenza di non dare per scontato che a ogni demolizione di superfici già edificate debba corrispondere altra cementificazione. Sollecitiamo di valutare caso per caso l’opzione della non ricostruzione e della ridislocazione degli abitati travolti dalle alluvioni di maggio. Proponiamo di contemplare l’annullamento in autotutela di autorizzazioni già rilasciate in relazione a costruzioni da realizzarsi in aree dove è grave il rischio di sommersione negli eventi alluvionali. È urgente l’introduzione di misure che disincentivino l’inutilizzo del costruito e ne agevolino l’immissione nel mercato degli affitti calmierati».
Perché se la democrazia si riducesse al mantenersi sui binari già posati in altri tempi, nel percorrere come un inutile trenino la linea tracciata una volta per sempre, la democrazia, appunto, non sarebbe tale. E la gente smetterebbe di votare. Come in effetti sta accadendo da un pezzo…”
Ravenna in Comune