Incendiata la recinzione del cantiere del rigassificatore a Punta Marina. I Vigili del Fuoco hanno trovato tracce di liquido infiammabile che lasciano pensare si sia trattato di un incendio doloso. Sull’episodio, avvenuto sabato, sta indagando la Digos, mentre la Prefettura ha convocato il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. 

Nelle ore scorse qualcuno ha addossato una possibile paternità dell’attacco al fronte contrario al rigassificatore. Un’accusa che però è un po’ sembrata lanciata nel mucchio. Contrari all’impianto in questi mesi si sono dichiarati esponenti politici, associazioni ambientaliste, privati cittadini e imprenditori residenti a Punta Marina, con attività o seconde case nel lido. 

Il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” che in questi mesi ha coordinato tutte le manifestazioni contro il rigassificatore protesta di fronte alle accuse, nelle quali vede invece una sorta di logica da “strategia della tensione”:

La notizia dell’ incendio doloso occorso lo scorso sabato notte al cantiere di Punta Marina, fino a tutto ieri  (12 settembre) era stata riportata soltanto dal quotidiano “Il Giornale” che – a quanto ci risulta – a Ravenna non ha una propria sede né propri corrispondenti, mentre le testate locali non ne sapevano e non riportavano nulla. Questa mattina (13 settembre), invece, viene ripresa dai giornali ravennati, non solo con una certa dovizia di particolari, ma anche con una serie di illazioni e correlazioni, che ci inducono  non solo ad esprimere la nostra posizione, ma anche a manifestare un netto disappunto per come si cerchi di condizionare l’opinione pubblica.

Aveva iniziato, appunto, “Il Giornale” addossando automaticamente la responsabilità a non meglio descritti “ultras ambientalisti”. Ma oggi anche diversi organi locali, decidono di andargli dietro, sostenendo che si tratti di “un’azione mirata del fronte no-gas”, di “fenomeni di protesta”, e addirittura che  “…non è giunta alcuna rivendicazione, anche se la mobilitazione contro il rigassificatore ha ottenuto una forte risposta (…) fino alla più partecipata dello scorso maggio, alla quale hanno aderito migliaia di partecipanti…”.  Cioè, in pratica, fra le tante ipotesi possibili, l’unica pista degna di nota sarebbe quella di addossare la responsabilità a chi si oppone al rigassificatore e alla dipendenza dalle fonti fossili. E dato che il nostro Coordinamento è stato l’organizzatore principale di varie iniziative, compresa quella del sei maggio, pacifica, allegra, nonviolenta e partecipata, riceviamo certe illazioni come offensive , insultanti e fuorvianti per chiunque voglia farsi la propria idea” scrive il Coordinamento.

“Abbiamo sempre operato alla luce del sole, in un rapporto chiarissimo e trasparente sia con la popolazione, sia con le istituzioni, sia con gli organi d’informazione; le nostre assemblee e i nostri strumenti di comunicazione sono sempre stati aperti, senza fare “gli esami del sangue” a nessuno, a chiunque voglia esprimere il proprio parere e dare una mano nella difesa dell’ ambiente e della salute. E con noi collaborano costantemente diverse realtà associative che la cittadinanza riconosce con simpatia, stima e condivisione..

È inammissibile che sulle possibili svariate cause dell’accaduto nemmeno si faccia menzione di altre ipotesi (dall’incidente dovuto a negligenza, all’atto di vandalismo fine a sé stesso, all’intimidazione di stampo mafioso, alla provocazione bella e buona). 

A parte il fatto che a quanto pare, l’entità dell’accaduto è stata tale da non turbare minimamente l’incolumità di alcuno e nemmeno la funzionalità del cantiere (tanto che residenti della zona hanno affermato di non essersi accorti di nulla, né di presenza di fumo né dell’ arrivo di mezzi di intervento) e pertanto l’enfatizzazione dell’episodio sparge inutilmente timore tra la gente, davvero non vorremmo  – cosa successa in molte occasioni nella storia del nostro Paese – che si stesse creando, involontariamente o meno, un’atmosfera da “strategia della tensione”. La quale non potrebbe che essere finalizzata a mettere ostacoli al crescente movimento di opposizione, a Ravenna, come a Piombino, in Sardegna, in Liguria e in tutta Italia, alla scelta sbagliata di fare delle nostre terre – con i rigassificatori, i nuovi gasdotti, la spinta a nuove trivellazioni, ecc – un’enorme piattaforma gasiera, pericolosa, inquinante, costosissima e inutile.

A Piombino e altrove, di fronte alla mobilitazione, si è per lungo tempo militarizzata la città, a Ravenna in occasione della grande manifestazione di maggio, sono state poste delle inutili restrizioni. In numerosi luoghi le lotte in difesa della Terra e del futuro delle giovani generazioni vengono represse in svariate forme. Questi sono i gesti e le scelte che realmente rischiano di alzare il livello di tensione.

Per quanto ci riguarda, ribadiamo tutta la nostra volontà di continuare la mobilitazione nel contrastare sia il rigassificatore sia l’intera politica energetica dei Governi, e ribadiamo la validità delle nostre richieste, ivi compresa la diffida rivolta alle autorità locali affinché si sospendessero i lavori durante la stagione balneare, alla quale è stata data una risposta burocratica secondo noi priva di sostanza.

L’autunno che sta arrivando vedrà il popolo della giustizia climatica e ambientale ancora più presente e attivo di prima, respingendo provocazioni e illazioni insensate.”