Bonaccini ha ricominciato con le fake news sul rigassificatore (anche se qualcuno potrebbe chiedersi se avesse mai smesso). Ha scelto il palcoscenico del congresso della CGIL dove, purtroppo, masochisticamente, molti dei rappresentanti dei lavoratori appoggiano l’opzione fossile.

La stampa riporta che, affrontando la questione energetica, Bonaccini ha ribadito il sì al rigassificatore a Ravenna perché «dicendo no a tutto poi sono state pagate le bollette più care del mondo». Di nuovo, dunque con la storiella che grazie al rigassificatore si sconfiggerebbe l’aumento delle bollette. Uno slogan senza fondamento, che non spiega come il metano liquefatto, che costa più del metano in forma gassosa, diventerebbe meno caro nelle bollette degli italiani. Così come non rivela come l’aggiunta di costi, pari a circa un miliardo di euro solo per l’operatività di quello ravennate, pur ribaltandosi sulle stesse bollette, riuscirebbe a ridurne il peso. Né dà conto di dove si andrebbero a scaricare, se non sulle bollette, i costi della logistica (il gnl viaggia per navi e non lungo gasdotti già esistenti) e della liquefazione alla partenza e della rigassificazione all’arrivo (le navi trasportano il metano in forma liquida raffreddandolo a -162 gradi). E nemmeno racconta, il commissario designato da Draghi e confermato dal centrodestra, che il gnl aumenta il costo della dipendenza dall’estero e la soggezione alla speculazione. Lo scorso autunno, per mesi, una cinquantina di metaniere a pieno carico sono rimaste in mare aperto per consentire ai prezzi di rialzarsi e rendere speculativamente vantaggioso il trasporto del gnl in Europa.

La stessa stampa fa dire a Bonaccini al congresso di Rimini che il rigassificatore «non è il futuro, è la transizione» che porta ai «dodici chilometri di Parco eolico» previsti in mare davanti alle coste romagnole. Un’altra affermazione priva di senso: Bonaccini non ha autorizzato il rigassificatore ravennate per qualche anno, come fatto dal suo omologo toscano nei confronti di quello piombinese. Gli ha consentito un’operatività di almeno un quarto di secolo (qualcuno svegli la sua segretaria che sproloquia «Rigassificatori? Bene, ma per pochi anni»). Una transizione sino alla metà del XXI secolo? Quando inizia il futuro secondo Bonaccini? Solo quando lui e la sua generazione saranno scomparsi? Bonaccini assicurava che il procedimento di valutazione del rigassificatore e quello del parco eolico a mare sarebbero andati avanti in parallelo. Come no? Titolava un quotidiano lo scorso settembre: «Quattro mesi per il rigassificatore, quattro anni per l’energia pulita». Lo stesso quotidiano riporta ieri, relativamente al cosiddetto progetto AGNES, che «qualora non dovessero emergere problematiche, è legittimo prevedere che per superare la fase di adempimenti burocratici sia necessario l’intero 2023». Più in dettaglio: «Con la pubblicazione sul portale, avvenuta alla fine di febbraio, si è dato il via ad una prima fase di verifica amministrativa, che dura 30 giorni e quindi si concluderà a breve. Chiusa questa fase, un altro mese viene dedicato alla fase dedicata alle osservazioni. Ultimato questo passaggio, altri 120 giorni sono necessari per l’istruttoria dell’iter. Ovviamente, da parte ministeriale, sono sempre possibili eventuali richieste di integrazione, che possono allungare le tempistiche per addivenire ai permessi necessari». In 120 giorni in tutto, invece, Bonaccini, saltando a piè pari ogni procedura di verifica della sicurezza e della tutela ambientale ha dato il via libera al rigassificatore!

Nel fine settimana a Piombino arriverà la Golar Tundra per iniziare l’assurda attività di rigassificazione a due passi dal centro storico. È atteso il ministro Pichetto Fratin e, forse, anche il/lo/la presidente del Consiglio Meloni. Sul tema, quest’ultima ha detto: «i rigassificatori vanno fatti e nel tempo che è stato definito, perché dobbiamo liberarci della dipendenza dal gas russo». Per quanto non condivisibile è stata chiara: niente a che vedere con le bollette, niente infingimenti sulle rinnovabili. Ieri, invece, a Ravenna si è tenuto il consiglio di amministrazione di ENI. Il cane a sei zampe giocava in casa: da noi centrodestra e centrosinistra continuano ad andare a braccetto votando le stesse risoluzioni favorevoli al colosso del fossile senza voti contrari. Le rassicurazioni, se ce ne fosse stato bisogno, ieri pomeriggio le ha portate al CdA il Sindaco di persona.

Ravenna in Comune non si è piegata agli interessi del cane a sei zampe e rivendica per Ravenna il ruolo di capitale delle energie rinnovabili mentre il teatrino della politica straparla di hub del gas. L’amore per il gas metano è una passione che unisce appassionatamente sia il centrodestra che il centrosinistra. Anche se va riconosciuto che, in questo caso, a parlar chiaro è il centrodestra e le fake news arrivano dal centrosinistra. Comunque sia, Ravenna in Comune resta coerentemente contraria ad entrambi e alla deriva fossile. Lo abbiamo detto sabato scorso a Piombino e lo ripeteremo il 6 maggio a Ravenna: con il gas non c’è la transizione verso le rinnovabili, ma solo la corsa a tutta velocità verso il disastro climatico.