Giungerà ad aprile in Parlamento il disegno di legge presente nel contratto di Governo e riguardante il salario minimo. Il salario minimo è uno strumento voluto fortemente dal Momento 5 Stelle: un salario minimo garantito per tutti i lavoratori di ogni settore, che li pone a pari dignità economica e normativa.

Questo accadrà anche e soprattutto nella nostra Ravenna dove, tra Cooperative sociali e di servizio, ditte individuali e grandi catene di negozi all’interno dei Centri Commerciali dove lavorano persone che, stante l’Istat attuale, risultano sottopagate rispetto alle retribuzioni in vigore in altri Paesi. Ricordiamo che l’Italia è il fanalino di coda rispetto a quasi tutti gli altri 28 Stati membri UE. Commessi di negozio, bidelli, addetti alle pulizie, vigilanti, addetti all’accoglienza turistica museale: ce n’è per tutti. Ad esempio, ricordiamo, tra i lavoratori più colpiti, la categoria dei cosiddetti riders, i “porta pizza” senza un minimo di assicurazione e contribuzione.

Una disuguaglianza che a Ravenna e provincia colpisce un numero ormai eclatante di lavoratori sottopagati “legalmente”, ovvero pagati secondo le retribuzioni stabilite dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, sottoscritti dalle parti sociali più rappresentative a livello Nazionale. Queste disuguaglianze economiche di fatto si ripercuotono anche sulla dignità del lavoratore e della sua famiglia, e di conseguenza si creano mancate entrate nelle casse Inps e Inail: insomma a danno della collettività. Oggi non tutte le aziende applicano il CCNL di settore, soprattutto quando si parla di cooperative di lavoro che si basano su una loro paga oraria contrattualmente stabilita che secondo la nostra modesta opinione non tiene conto della dignità del lavoratore. Basti pensare a quante famiglie sono costrette a lavorare in agricoltura per 4/5 euro per ora pur di portare a casa il pane, pagare l’affitto, mandare a scuola i propri figli. Quanti contratti nazionali di lavoro a Ravenna e provincia non consentono di superare la soglia minima di povertà come in altri paesi? Ricordiamo che con il salario minimo la paga oraria non potrà essere inferiore a 9 euro l’ora, al lordo delle trattenute di legge previste.

A Ravenna i CCNL di Turismo, Stabilimenti balneari, Commercio, Pubblici Esercizi, alcune Cooperative di vigilanza, Cooperative di servizio alla persona, alcune società della grande distribuzione: quasi tutti prevedono turni altalenanti che coprono 12 ore, tenendo il personale a disposizione del datore di lavoro per esigenze di tecnico produttive senza tener conto ad esempio di quando si deve lavorare alcune ore a Ravenna e le altre ore in un’altra provincia. Parliamo di operai che generalmente rappresentano la percentuale maggiore degli impiegati nelle aziende, lavoratori con una declaratoria contrattuale non rispondente, pensiamo, ad una vita dignitosa. Solo per fare alcuni esempi: per gli operai dal 5° al 7° livello, nel maggior parte dei CCNL gli importi retributivi mensili partono da Euro 925,00 fino ad arrivare ad Euro 1,328,00 al lordo delle ritenute di legge, senza tenere conto che in alcuni contratti si lavora anche 44 ore settimanali.

Riteniamo che l’introduzione di un salario minimo legale rappresenterà una piccola rivoluzione anche a Ravenna: uno strumento per tutelare i redditi dei lavoratori di queste aziende (spesso di micro dimensioni) e una svolta per il mondo del lavoro italiano. In Europa il salario minimo legale esiste nel 78% dei paesi, stessa percentuale si riscontra anche tra i membri Ocse. Insomma, è l’Italia ad essere un caso isolato e non il contrario. All’interno dell’Unione si va dai 1440 euro mensili garantiti in Germania ai 790 della Slovenia, passando per i 1.501 del Belgio ai 598 del Portogallo e così via per 22 governi su 28. Il salario minimo legale serve ad assicurare che nessun lavoratore sia pagato meno di una certa cifra stabilita per legge. Quindi, possiamo affermare che con l’introduzione del salario minimo uguale per tutti i lavoratori più “nessuno rimarrà indietro” e molti contratti di lavoro dovranno adeguarsi ai nuovi minimi salari stabiliti in favore di categorie che da anni sono sottopagate legalmente, a causa di una politica che si è servita della persona anziché servirla come avrebbe dovuto.