“Ma quali perizie: le aziende vanno lasciate libere di lavorare, tanto più che la mazzata della direttiva Bolkestein ha già sottratto importanti investimenti alle strutture balneari. Da romagnola doc non potrò che battermi in Regione per tutelare gli interessi degli imprenditori e del turismo in Romagna. E’ una delle priorità della mia agenda dei lavori.  Non una promessa, ma un’impegno concreto che mi assumo in prima persona davanti ai miei concittadini romagnoli: pertanto”.  Samantha Gardin, candidata della Lega alle prossime elezioni Regionali del 26 gennaio, interviene e ribatte così alla proposta lanciata da Andrea Corsini, assessore regionale al Turismo e candidato nella provincia di Ravenna alle regionali per il Partito Democratico, per il quale la direttiva europea andrebbe gestita con una legge quadro che prevedesse, fra i propri capisaldi, quello di “Riconoscere attraverso una perizia il valore commerciale dell’impresa balneare”.
“Si tratta di una proposta assurda che va a sommarsi a una direttiva ancor più assurda che in realtà sta facendo torcere il naso agli imprenditori balneari” attacca Gardin.
“Approvata nel 2006, quando la Commissione Europea era guidata da Romano Prodi, la direttiva Bolkestein è stata il frutto di lunghe e difficili trattative e il risultato finale ha lasciato molti insoddisfatti. Soprattutto in Romagna – spiega l’esponente del Carroccio – la direttiva è accusata di riguardare una serie di ambiti troppo ampia. In particolare, in relazione alle concessioni balneari che la direttiva vorrebbe venissero messi a gara, per di più con visibilità internazionale”.
“A mio parere questi ambiti specifici andrebbero lasciati dall’Ue alla gestione dai singoli Paesi nei modi che preferiscono, stabilendo criteri e modalità per l’affidamento delle concessioni che tengano in considerazione oltre alla presunta tutela degli investimenti anche la valorizzazione delle professionalità acquisite. Il rischio concreto e attuale, infatti, è che le nostre spiagge e i nostri stabilimenti balneari possano finire in mani straniere, con tutto quel che ne potrebbe discendere a discapito della tutela del marchio ‘made in Italy’ e dell’intera industria del turismo italiano” conclude Gardin.