Nel 2021 produzione al +11%, fatturato al +  11,3 % e vendite all’estero al +14%, ma già pesano sull’economia ravennate gli effetti della crisi energetica, le crescenti tensioni geopolitiche e la mancanza di materie prime. E’ quanto è emerso nella riunione dell’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio di Ravenna che si è svolto questa mattina 29 marzo alla presenza dei vertici delle associazioni di categoria e di Guido Caselli, direttore del Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna.


Gli indicatori, in particolare, del commercio estero, elaborati sulla base delle informazioni diffuse da Istat e riferiti al 2021, hanno registrato per le vendite ravennati sui mercati internazionali, in netta accelerazione, un valore pari a 5.054 milioni  di euro, valore che corrisponde ad una variazione tendenziale positiva del +25,2%. Tra gennaio e dicembre 2021, rispetto all’anno precedente, le esportazioni delle imprese della provincia sono cresciute del +25,2% con un incremento, rispetto a prima della pandemia, del +9,2%.

Bene il tasso di utilizzo degli impianti (81,6%) delle imprese manifatturiere, che raggiunge il valore annuale massimo tra quelli osservati dal 2013 e che ha interessato anche il settore dell’artigianato.

Il 2021, inoltre, si chiude con un saldo positivo di 102 unità, registrando la nascita di 1.857 nuove imprese (quasi il 14% in più rispetto all’anno precedente), anche se non ancora in linea con i valori precedenti alla pandemia. Le 1.755 cessazioni volontarie di attività, rilevate tra gennaio e dicembre dello scorso anno, costituiscono il valore più basso degli ultimi dodici anni, persino più contenuto di quello già record registrato nel 2020.

“La crescita che siamo riusciti a mettere a segno – ha sottolineato Giorgio Guberti, commissario straordinario della Camera di commercio di Ravenna – è la conferma dei punti di forza delle nostre imprese, della loro abilità dimostrata nel riposizionamento sui mercati esteri e nelle filiere produttive, sia a livello nazionale sia internazionale. Ma è forte la preoccupazione per l’insufficienza di materiali, la scarsità di manodopera e per gli aumenti, senza precedenti, dei costi di esportazione e dei tempi di consegna. Un livello insostenibile, che può portare alla chiusura di molte aziende per la brusca compressione dei margini operativi”.