“Se da un lato è doveroso fornire il giusto supporto all’Ucraina, dall’altro l’estensione del meccanismo di salvaguardia a settori strategici del nostro Made in Italy come il grano avrebbe posto un freno alle consistenti esportazioni di cereali verso l’Ue che hanno contribuito ad alimentare le preoccupazioni sui prezzi, creando delle distorsioni all’interno del mercato europeo, in particolare per quello agricolo”.

E’ quanto afferma il presidente di Coldiretti Ettore Prandini commentando l’accordo raggiunto nella notte tra Commissione, Consiglio e Parlamento che non comprende il grano tra i prodotti oggetto del meccanismo di salvaguardia automatico che consente la reintroduzione di contingenti tariffari quando l’import di alcune produzioni supera un certo limite. Si reputa, infatti, insufficiente il semplice impegno della Commissione stessa a monitorare le importazioni di grano e altri cereali e utilizzare gli strumenti a sua disposizione in caso di turbative di mercato.

Grazie anche alle agevolazioni gli arrivi in Italia di grano tenero ucraino per il pane sono quadruplicati (+283%) nel 2023 rispetto al 2021, prima dell’inizio della guerra, arrivando a quota 470 milioni di chili, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat.

Il testo approvato prevede l’applicazione del meccanismo avena, mais, semole e miele in aggiunta ai settori già stabiliti dalla proposta (pollame, zucchero e uova).

L’inserimento della semola non tutela affatto dall’import di grano considerato che circa il 70% del grano tenero che entra in Europa proviene dall’Ucraina: corrispondente a 4,3 milioni di tonnellate ad oggi per la campagna in corso, mentre l’import di semola di grano tenero è pari ad appena 45.000 tonnellate.

Inoltre, nessun cambiamento sul fronte del periodo di riferimento che rimane il biennio 2022-2023, contrariamente a quanto stabilito nel posizionamento del PE che prevedeva anche il 2021, in un’ottica di maggiore tutela dei produttori europei da shock di mercato.

“Vogliamo continuare a supportare in ogni modo l’Ucraina ma il prezzo non può essere pagato solo dalla filiera agroalimentare europea – spiega Scordamaglia –  Senza clausola di salvaguardia potremmo avere un impatto sul prezzo del grano che va a sommarsi a quello provocato dall’invasione di grano russo verso cui continuiamo a chiedere la limitazione delle esportazioni”.

Anche per i produttori della provincia di Ravenna l’impatto degli arrivi di grano da Ucraina e poi dal canale russo intermediato dalla Turchia è stato ed è pesantissimo: “L’import ingente ha inquinato il mercato incidendo non solo sui prezzi ma anche sulle vendite – afferma Domenico Calderoni, produttore cerealicolo nonché Presidente di Coldiretti Bassa Romagna e membro della Giunta provinciale – basti pensare che nonostante la contrazione quantitativa che ha interessato la produzione dello scorso anno, abbiamo ancora grano romagnolo stoccato e rischiamo addirittura di non riuscire a vendere tutte le scorte”. Da Natale in avanti, gli arrivi importanti di prodotto dall’est Europa hanno infatti congelato le vendite, “con i prezzi del grano locale – spiega Calderoni – che già dalla trebbiatura erano in picchiata. In questa fase le vendite sono ancora ridotte al minimo e se non si interviene con meccanismi di tutela come fatto sugli altri prodotti rischiamo, in prospettiva, davvero grosso”. Questo mentre le nuove semine procedono bene, il grano romagnolo cresce, ma crescono anche i dubbi sugli scenari di mercato per la prossima campagna.

Coldiretti e Filiera Italia non si arrendono e continueranno a chiedere l’inserimento del grano e il cambio del periodo di riferimento con un ultimo appello, in vista del voto, ai parlamentari che dovranno approvare gli esiti del trilogo.