Occorre dare atto all’assessorato regionale di avere individuato alcune ipotesi sperimentali nel tentativo di affrontare, almeno in  parte, le numerose criticità presenti nei pronto soccorso del territorio, anche se, obiettivamente, il tema emergente ed irrisolto resta sempre quello della carenza di personale medico e sanitario in genere.  Limitando, tuttavia, la riflessione alla riforma dell’emergenza urgenza che vede l’istituzione dei centri di assistenza e urgenza, Cau, a livello locale la risposta non pare essere quella di realizzare un nuovo punto di riferimento dei servizi territoriali in un’ottica di prossimità – come peraltro indica la Regione –  ma piuttosto quella di dislocare il servizio di primo soccorso negli esistenti locali del Centro di medicina e prevenzione, Cmp.  Le urgenze a bassa complessità clinica e assistenziale dovrebbero trovare, infatti, risposte appropriate nel nuovo Cau presso il Cmp, come soluzione pragmatica individuata dall’azienda sanitaria, tuttavia tale decisione ipotizza già da ora qualche criticità.  La prima, come si diceva, non è stata quella di offrire un servizio di prossimità alla luce della scelta dell’ubicazione compiuta. E se proprio non si è voluto decentrare sul territorio il nuovo Cau,  non sarebbe stato fuori luogo, a questo punto, unire entrambi i servizi nel Pronto soccorso in fase di realizzazione, distinguendo il servizio dedicato ai casi ‘classici’ tradizionalmente più gravi con un percorso diverso e spazi fisici distinti riservato alle urgenze a bassa complessità. Un polo ospedaliero dedicato all’ urgenza e emergenza con un moderno ‘triage’ pronto a stabilire immediatamente il percorso più appropriato per il paziente e in grado di distinguere sia il trattamento  tempestivo e immediato più grave da quello, invece, di bassa complessità clinica offrendo risposte differenziate. Tutto ciò consentirebbe una migliore valorizzazione e ottimizzazione del personale  sanitario presente, potendo beneficiare, oltretutto, di una rete esistente di consulenze specialistiche interne all’ospedale oltre ad un servizio già organizzato di tipo diagnostico strumentale che al Cmp manca quasi totalmente. L’intento, dunque, non vuole essere quello di riscoprire formule vecchie già sperimentate e superate, né s’intende come nel “Gattopardo” di chiedere che ‘tutto cambi perché nulla cambi’, ma cercare di ottimizzare le prestazioni di competenza del personale sanitario disponendo al contempo di tutta una rete di servizi diagnostico-strumentali in un’ottica innovativa e funzionale in risposta al sovraffollamento e ai noti tempi di attesa.”

Gianfranco Spadoni

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