“I medici che garantiscono la continuità assistenziale attraverso il servizio di Guardia Medica hanno lanciato l’allarme criticando pesantemente la gestione del servizio da parte della direzione dell’Ausl Romagna. La critica parte dalla cosiddetta (dall’Ausl Romagna) “riorganizzazione” del servizio che in realtà si sostanzierebbe in una vera e propria “soppressione delle centrali mediche operative”, sostituite da “un’unica centrale per tutta la Romagna, dove risponderà personale non sanitario”. E pensare che “la creazione delle centrali operative mediche, risalente a più di vent’anni fa, servì proprio a superare un problema che oggi invece si vuole riproporre, sancendo così un enorme passo indietro nella qualità del servizio. Tutte queste modifiche avrebbero come scopo quello di liberare risorse economiche e umane da impiegare nei CAU (Centri di Assistenza e Urgenza), i nuovi presidi che dovrebbero affiancare i Pronto Soccorso per la gestione dei casi più lievi”. Chiariscono i medici che “gran parte di essi saranno delle semplici riconversioni dei Punti di Primo Intervento già esistenti”. Pensiamo a Cervia: la struttura è stata ribattezzata CAU dal 18 dicembre ma c’era già da due anni! Aggiungono i medici che “i CAU, a differenza dei Pronto Soccorso, sono strutture create solo ed esclusivamente per problemi di salute urgenti ma non gravi, differenza che i cittadini non possono stabilire da soli leggendo un dépliant informativo, come propone l’azienda, o chiamando una centrale in cui non sono presenti medici, ma laici”. Un assaggio di quello che ci aspetta si è visto nei giorni scorsi a Budrio dove un paziente sballottato tra pronto soccorso e CAU ha perso la vita.
Ravenna in Comune condivide la critica precisa e puntuale dei medici, che poi è la stessa che muoviamo da tempo: “Le difficoltà dell’ospedale e dei dipartimenti di emergenza-urgenza sono il risultato di anni di politiche manageriali e di tagli indiscriminati. Ora la stessa sorte potrebbe toccare alla Medicina del Territorio. Non possiamo essere partecipi e responsabili della lenta eutanasia del Servizio per cui lavoriamo, già messo in difficoltà dai numerosi tagli alla Sanità, a causa dei quali il numero dei medici attuali in servizio è già al di sotto del rapporto ottimale stabilito per legge. Se verranno soppresse sia le centrali operative mediche dedicate sia l’attuale Servizio di Continuità Assistenziale, non riusciremo più a garantire, con la nuova riorganizzazione e smantellamento proposto dall’AUSL, la corretta presa in carico dei pazienti in maniera tempestiva ed efficace”. La conclusione non lascia dubbi: “Se il nostro appello rimarrà inascoltato, non saremo disposti ad accettare nessuna modifica, né nella struttura organizzativa, né tantomeno nel numero e ruolo dei medici in servizio; pertanto, la maggior parte dei circa 160 medici che lavorano per la Continuità Assistenziale della Romagna sarà costretta a dare le dimissioni”.
Il tentativo di autodifesa dell’Auslona non va oltre il tentativo. E si rivela fallimentare come strategia di marketing quanto il servizio stesso. Particolarmente detestabile il continuo scaricabarile e ancor di più le incongruenti affermazioni di successo che solo la direzione dell’Ausl riesce a vedere. Vorremmo anzi ricordare alla direzione sanitaria che continuare a dire che ci sono pazienti da fuori Regione che scelgono le strutture emiliano-romagnoli non le rende di per sé strutture valide. Significa solo che i pazienti trovano perfino di peggio nelle Regioni di provenienza! O si è forse dimenticata la stessa direzione della valutazione indecorosa a livello italiano ottenuta dal Santa Maria delle Croci nella classifica Newsweek stilata in base ai dati prestazionali? Fermo al 95° posto dei 127 classificati nella graduatoria riservata al nostro Paese per il 2023 e sostanzialmente confermando gli esiti degli anni precedenti (92° posto nel 2021 e 93° nel 2022). E va comunque male il resto dei nosocomi dell’Auslona per quanto tutti siano in miglior salute che a Ravenna: sia Forlì (49° posto della classifica italiana), che Rimini (65°) e Cesena (71°).
Ravenna in Comune non assolve il centrodestra alla guida del Governo del Paese: è evidente il disegno di sottofinanziare la sanità pubblica per affossarla definitivamente. Tuttavia per la nostra sanità pubblica locale ribadiamo quanto già detto: “La responsabilità è della classe politica che ha fatto perno sullo stesso partito per decenni (PD) e che per decenni ha condotto le danze in Regione, in Romagna e a Ravenna. Si chiamano de Pascale, Donini, Carradori, Bonaccini ma anche Errani. Come Ravenna in Comune abbiamo già più volte denunciato le loro responsabilità nel depotenziamento del servizio pubblico a tutto vantaggio del privato. Il risultato è sotto gli occhi di tutte e tutti coloro capaci di tenerli aperti per guardare in faccia al problema. E non saranno quei politici a risolverlo, perché sono parte del problema”. Si potrebbe citare senza rischio di sbagliare il De André della “Canzone del Maggio”: “Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”.