L’esempio plastico della pochezza dell’imprenditoria italiana, fondata sul parassitismo, sulla speculazione e sull’accaparramento di fondi pubblici, è il super bonus 110%. Misura prorogata fino a metà 2023 su spinta di tutti i partiti, strenuamente difesa dai pentastellati con la scusa dell’efficientamento energetico e della transizione verde, è diventato un terreno di razzia i cui costi e pericoli sono scaricati, al solito, sui lavoratori. Nella seconda metà del 2021 sono nate 64 aziende edili al giorno, pronte a chiedere una fetta della torta. Quando lo scopo è quello di rubare soldi, ovviamente la sicurezza passa in secondo piano: 91 cantieri su 100 di quelli controllati non erano in regola. 13 mila infrazioni, la metà riguardanti le protezioni dalle cadute dall’alto. Dilaga il lavoro irregolare e grigio, mentre anche nel settore il ricorso a finte partite IVA e scatole cinesi di appalti e subappalti spingono verso il basso diritti e salari.

È necessario cancellare subito misure come questa, un vero e proprio regalo alla speculazione, e dirottare i miliardi previsti in misure di sostegno ai redditi e contro il carovita. Si devono intensificare i controlli e rendere più stringenti le regole, ma per farlo si deve mettere in campo un piano di potenziamento e assunzioni nei servizi ispettivi, sottodimensionati e sotto finanziati. E’ necessario, infine, introdurre il reato di omicidio sul lavoro, perché i più di tre morti sul lavoro che piangiamo quotidianamente non sono tragici incidenti, ma il rischio calcolato di morte che il profitto porta con sé.

Venerdì scorso l’ennesimo lavoratore è morto nella nostra città. Vasile Burcut è caduto da un’impalcatura in un cantiere edile di ristrutturazione in Via Carso.

Un’altra vittima sull’altare del massimo profitto per cui come lavoratori siamo solo numeri e vittime sacrificabili.

Basta con le lacrime di coccodrillo e i faremo e i vedremo…

Cominciamo ad agire iniziando dai controlli.

Da sempre chiediamo di spostare in Comune l’Osservatorio sulla legalità e la sicurezza del lavoro, togliendolo dalla Prefettura dove ora è collocato.

In questi anni solo noi e Ravenna in Comune lo abbiamo sempre chiesto, ora vediamo sulla stampa che finalmente anche la CGIL inizia a venire su queste posizioni: meglio tardi che mai.

Lo ripeteremo fino allo sfinimento: non deve essere un palliativo, la classica foglia di fico che copre i mancati controlli e che produce solo vaghe piattaforme firmate da tutte le componenti (imprenditoriali, sindacali e istituzionali).

L’Osservatorio deve agire dove e come serve. Si deve rafforzare la forza, la quantità e la costanza dei controlli, a cominciare dai cantieri, dalle fabbriche e in tutti i luoghi in cui si allunga il triste bollettino quotidiano di morti e infortuni. Lo si deve fare dando personale agli organi di controllo (decimato volutamente in questi anni) e smettendo, come spesso avviene, di avvertire le ditte interessate prima della visita.

Sabato 12 febbraio alle 16.00 si terrà un presidio nel cantiere di Via Carso indetto dallo Slai Cobas.

Noi come Potere al Popolo di Ravenna saremo presenti e invitiamo tutte e tutti a partecipare, in segno di solidarietà e protesta contro questo ennesimo omicidio sul lavoro.