È morto a Ravenna padre Eugenio Melandri, il ‘prete rosso’ sospeso a divinis 28 anni fa dopo la sua candidatura alle Europee del 1989 con Democrazia Proletaria (fu poi rieletto con Rifondazione Comunista) e riaccolto dalla Chiesa poche settimane fa. Aveva 70 anni ed era da tempo malato. Lo riporta la stampa locale. Appena domenica 20 ottobre era tornato a celebrare l’Eucarestia, molto debole e sorretto dai confratelli durante la funzione, all’Istituto Saveriano di San Pietro in Vincoli (Ravenna).

Esponente di spicco del mondo pacifista e non violento, Melandri è stato anche direttore del mensile ‘Missione Oggi’, uno dei primi promotori del movimento antirazzista e fondatore con Dino Frisullo dell’associazione Senza Confine. Era stato lui stesso, il mese scorso, ad annunciare su Facebook che l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi aveva deciso di incardinarlo nel clero petroniano.

Un anno fa ebbe modo di salutare Papa Francesco a Santa Marta. Questo il suo diario dell’incontro riportato oggi da Davide Drei, ex sindaco di Forlì, sul proprio profilo Facebook:

“Ho il terrore di non arrivare in tempo per cui stresso mio nipote perché si sbrighi. E partiamo. Naturalmente arriviamo con tanto anticipo. Quasi nessun controllo, solo la richiesta di dare il nome, per vedere se si è nella lista.
Entriamo in chiesa e qui per me avvengono alcuni fatti che leggo ancora di più come segni da apprezzare e da leggere. Padre Silvio va in sacrestia per mettere il camice e io mi metto in chiesa. sono nella terza fila. Siamo pochi penso non più di 35 – 40 persone.
Dopo un po’ arriva un prete che ci dà alcune istruzioni: praticamente: state fermi qui e fate ogni volta ciò che vi diciamo. Poi curiosamente chiede a tutti: “c’è qualche sacerdote qui?”. Non risponde nessuno. D’un tratto si rivolge a me e mi chiede: “ma lei non è un sacerdote?”. Io gli rispondo: “No. Io sono un ex sacerdote”. E lui: “Allora tu sei Melandri. Te la senti di farti declassare?”. Io non so ancora come facesse a conoscermi. Rispondo: “Certo”. “Allora – mi dice – farai il chierichetto”. Così insieme con un ragazzo molto giovane che è lì con la famiglia, facciamo la piccola processione offertoriale. Io poi laverò le mani al Papa e lui gli porgerà il panno perché se le asciughi. Scusatemi, per me una emozione incredibile.
Alla fine della Messa Francesco si toglie i paramenti in sacrestia, si ferma qualche minuto ancora a pregare in chiesa, poi si mette all’uscita, in modo da poter salutare tutti. Cerco di essere il più fedele possibile nel raccontare questo incontro: Padre Silvio si presenta come missionario Saveriano (è in carozzella da 50 anni ed è stato oltre 20 anni in Congo a Goma). Poi si rivolge al Papa e dice: “Questo è Eugenio Melandri. Un nostro fratello, uno dei nostri”. Io lo interrompo e dico: “Padre io ero un saveriano, ma ho dovuto lasciare perché mi sono candidato al Parlamento europeo e sono stato parlamentare”. Stavolta mi interrompe Silvio: “Ma ha sempre continuato a lavorare con noi e a fare le stesse cose che faceva prima”. “Si – rispondo io – è vero, ho sempre continuato a fare le stesse cose”. Papa Francesco mi prende una mano, me la stringe forte e mi sorride. Poi mi dice: “Hai fatto bene”.
Per me sentirmi dire dal Papa che ho fatto bene è stato incredibile. Ho vissuto queste parole, che in sé non dicono nulla, come una sorta di sigillo della mia vita. Mi sono domandato tante volte se sia stato giusta o sbagliata la mia scelta. Questo “Hai fatto bene” è una grande consolazione. L’ho fatto non per potere, per prestigio o per denaro o per altro. Credevo fosse la scelta migliore. Adesso Il Papa con quell’Hai fatto bene, mi ha confermato in questa scelta e per me è una cosa grandissima. Aiutatemi davvero a dire grazie al Signore per questo. Alla fine dico al papa che ho il drago che mi mangia dentro e che in questa situazione i saveriani mi hanno voluto ancora tra loro. Gli dico che continuo a pregare per lui e che gli voglio bene.
Nell’emozione di questo incontro dimentico di dare al Papa lo zucchetto. Ma ormai sono passato e penso non ci sia nulla da fare. Ma mi dispiace troppo. Allora decido di tornare indietro. Ma vengo fermato dalla sicurezza. Cerco di spiegare e mi dicono che non è possibile fare nulla. Torno indietro. Poco dopo arriva il signore che mi aveva fermato. “Guardi, ci proviamo – mi dice -, il Papa finito di salutare andrà a fare colazione. Provi a mettersi qui. E mi porta davanti ad una porta da dove poi sarebbe passato il papa. Quando arriva vicino a me mi avvicino e gli dico: “Padre, ieri ho comprato uno zucchetto da papa. Mi dicono che è la sua misura. Mi piacerebbe cambiarlo con il suo”. “Lo so – risponde – sanno la mia misura”. Poi prende il suo zucchetto e lo scambia con il mio. Adesso qui sul mio tavolo ho lo zucchetto del Papa. Per me è un piccolo segno che mi fa sentire in comunione con lui. E ne sono contento perché davvero gli voglio bene”.

(ANSA)
(foto condivisa da Davide Drei su Facebook)