I Gessi Emiliano-Romagnoli, e quindi anche il Parco della Vena del Gesso, sono stati riconosciuti dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Il progetto di candidatura, iniziato sette anni fa, parte tutto dalla Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia-Romagna e ha incontrato, lungo il percorso, molte collaborazioni e sostenitori: enti, regione, Università.
Anche Legambiente Lamone e Legambiente Emilia-Romagna hanno sostenuto fin da subito l’ipotesi di candidatura a Patrimonio Unesco dei Gessi Emiliano-Romagnoli.

“Esprimiamo pertanto grande soddisfazione per la conferma della notizia dell’accoglimento del riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’Umanità ai “Fenomeni carsici e grotte nelle evaporiti dell’Appennino Settentrionale” commenta il circolo Legambiente Lamone.

“Oltre alla tutela di questo patrimonio ambientale unico, questo riconoscimento può aprire oggi importanti ricadute per i nostri territori: ecoturismo, didattica, tutela del paesaggio, realizzazione del parco geologico museale, che darebbero qualche risposta allo sviluppo economico e sociale della comunità locale, assieme alle attività agricole e industriali compatibili” sottolinea l’associazione.

“Naturalmente gli strumenti programmatori come il “Piano territoriale del parco della vena del gesso romagnola” e la variante al Piano Infraregionale delle Attività Estrattive (PIAE) relativa al polo estrattivo “Cava di Monte Tondo”, dovranno, a maggior ragione, tener conto di questo importante riconoscimento.

A questo proposito, ricordiamo – ancora una volta – che lo studio commissionato a suo tempo dalla Regione indicava di utilizzare lo scenario B, esteso su un periodo di 10 o 15 anni, o comunque tempo necessario al completo recupero ambientale del Polo, indipendentemente dalla eventuale minore utilizzazione da parte del concessionario…” e questa potrebbe essere la strada per salvaguardare anche i posti di lavoro attualmente in essere.
Questo naturalmente a patto che l’azienda si impegni a riconvertire progressivamente le attività del sito, organizzandosi per diminuire l’uso del gesso vergine, utilizzando più cartongesso dismesso, diversificando le produzioni, avviando la sperimentazione di altri prodotti nel settore dell’edilizia sostenibile.
Ipotesi queste che abbiamo tentato di avanzare più volte e che oggi è necessario discutere con i lavoratori, i loro sindacati, l’azienda, gli amministratori e le comunità locali”.