“Ieri il Consiglio Comunale ha votato per l’acquisizione di un terreno e di un immobile confiscato alla mafia a Faenza, in Via Granarolo 213, con la pregevole intenzione di farlo diventare orto sociale, previa verifica del livello di contaminazione del suolo. L’assessore Agresti ha confermato che c’è il fondato sospetto che quella zona fosse diventata negli anni una sorta di discarica abusiva di rifiuti edili.
Ma chi l’ha resa tale? Questa domanda sembra che non interessi a nessuno. Come Faenza Eco-logica siamo andati a fare alcune verifiche: da quando nel 2012 con una sentenza di condanna del Tribunale di Catania, il mafioso Franco Costanzo, imprenditore nel settore edile e capo clan di Palagonia (CT), finisce in carcere, per reati commessi in Sicilia, quel terreno di Faenza, a lui riconducibile, continua però ad essere frequentato da strani traffici.
Questo fatto ce lo confermano le immagini storiche di Google Earth: dal 2012, il terreno ospita tir, escavatori, ci sono macerie, rifiuti, segni evidenti di cumuli a coprire chissà cosa, nell’aprile 2022 si vedono cumuli bianchi tipo ghiaia o cenere che vengono sparsi nel suolo fino a rialzarlo di almeno mezzo metro. Nel terreno, tutt’oggi, sono presenti cumuli, due tir con tanto di targa e marchio di un’azienda vicina (Sicamion).
Possibile che il Comune in tutti questi anni non sapeva cosa succedeva in quell’area? Quali aziende la frequentavano?
In quel sito non era registrata una discarica regolare, solo una piccola azienda familiare di vendita e lavaggio auto, (Esteticar) che aveva la sua sede legale proprio in via Granarolo 213, (dal 2019 fino al giugno 2022) quando poi cambia sede. Le due proprietarie, nella visura storica emessa dalla Camera di Commercio di Ravenna, risultano con il domicilio in via Granarolo 213.
Un fabbricato che il comune ora considera abusivo e non sanabile. Possibile che prima non si fosse mai accorto che quel fabbricato era abitato?
Come cittadini ci chiediamo: se è stato commesso un reato ambientale perché non viene perseguito?
Chi sono i responsabili di questi sversamenti illeciti? E’ in corso un’indagine?
E chi doveva vigilare, in tutti questi anni, dove era?
Nei documenti relativi al terreno limitrofo, dove sarà costruito un polo di logistica, (Tavola A001 della Proposta di Accordo Operativa presentata da Federimmobiliare, Area via SP Naviglio , Ambito n. 12 “Naviglio” del PSC. Lotto 2), ci sono foto satellitari che evidenziano chiaramente cosa accadeva in via Granarolo 213: escavatori, cumuli e tracce nel terreno.
Come mai nessuno, in Comune, nel vedere questa carte si è chiesto cosa facevano nel terreno a fianco? Come mai nessuno ha sporto denuncia?
Abbiamo fatto queste domande anche al Prefetto e aspettiamo una risposta.
Crediamo che, alla luce delle evidenti difficoltà del Comune a sapere cosa accade nel suo territorio, si debba evitare che un polo di logistica si stabilisca nei terreni attigui a quelli confiscati alla mafia. La logistica è un ambiente notoriamente a rischio di infiltrazione mafiosa, oltre a provocare inquinamento e consumo di suolo.
Vogliamo fare uscire la mafia dalla porta e farla rientrare dalla finestra?

Ieri il Consiglio Comunale ha votato per l’acquisizione di un terreno e di un immobile confiscato alla mafia a Faenza, in Via Granarolo 213, con la pregevole intenzione di farlo diventare orto sociale, previa verifica del livello di contaminazione del suolo. L’assessore Agresti ha confermato che c’è il fondato sospetto che quella zona fosse diventata negli anni una sorta di discarica abusiva di rifiuti edili.
Ma chi l’ha resa tale? Questa domanda sembra che non interessi a nessuno. Come Faenza Eco-logica siamo andati a fare alcune verifiche: da quando nel 2012 con una sentenza di condanna del Tribunale di Catania, il mafioso Franco Costanzo, imprenditore nel settore edile e capo clan di Palagonia (CT), finisce in carcere, per reati commessi in Sicilia, quel terreno di Faenza, a lui riconducibile, continua però ad essere frequentato da strani traffici.
Questo fatto ce lo confermano le immagini storiche di Google Earth: dal 2012, il terreno ospita tir, escavatori, ci sono macerie, rifiuti, segni evidenti di cumuli a coprire chissà cosa, nell’aprile 2022 si vedono cumuli bianchi tipo ghiaia o cenere che vengono sparsi nel suolo fino a rialzarlo di almeno mezzo metro. Nel terreno, tutt’oggi, sono presenti cumuli, due tir con tanto di targa e marchio di un’azienda vicina (Sicamion).
Possibile che il Comune in tutti questi anni non sapeva cosa succedeva in quell’area? Quali aziende la frequentavano?
In quel sito non era registrata una discarica regolare, solo una piccola azienda familiare di vendita e lavaggio auto, (Esteticar) che aveva la sua sede legale proprio in via Granarolo 213, (dal 2019 fino al giugno 2022) quando poi cambia sede. Le due proprietarie, nella visura storica emessa dalla Camera di Commercio di Ravenna, risultano con il domicilio in via Granarolo 213.
Un fabbricato che il comune ora considera abusivo e non sanabile. Possibile che prima non si fosse mai accorto che quel fabbricato era abitato?
Come cittadini ci chiediamo: se è stato commesso un reato ambientale perché non viene perseguito?
Chi sono i responsabili di questi sversamenti illeciti? E’ in corso un’indagine?
E chi doveva vigilare, in tutti questi anni, dove era?
Nei documenti relativi al terreno limitrofo, dove sarà costruito un polo di logistica, (Tavola A001 della Proposta di Accordo Operativa presentata da Federimmobiliare, Area via SP Naviglio , Ambito n. 12 “Naviglio” del PSC. Lotto 2), ci sono foto satellitari che evidenziano chiaramente cosa accadeva in via Granarolo 213: escavatori, cumuli e tracce nel terreno.
Come mai nessuno, in Comune, nel vedere questa carte si è chiesto cosa facevano nel terreno a fianco? Come mai nessuno ha sporto denuncia?
Abbiamo fatto queste domande anche al Prefetto e aspettiamo una risposta.
Crediamo che, alla luce delle evidenti difficoltà del Comune a sapere cosa accade nel suo territorio, si debba evitare che un polo di logistica si stabilisca nei terreni attigui a quelli confiscati alla mafia. La logistica è un ambiente notoriamente a rischio di infiltrazione mafiosa, oltre a provocare inquinamento e consumo di suolo.
Vogliamo fare uscire la mafia dalla porta e farla rientrare dalla finestra?”