Ance, Cna, Confartigianato, Lega Coop, Confcooperative, Agci, Fillea Cgil, Feneal Uil e Filca Cisl, hanno inviato a tutti i Sindaci della Provincia di Ravenna un documento per ilrilancio dell’economia locale sul tema appalti pubblici in edilizia.

Si tratta di un documento che si inserisce nell’ambito del Protocollo d’Intesa per la qualità e trasparenza degli appalti pubblici siglato nel giugno 2020 presso la Prefettura di Ravenna.

Nel merito, le Parti Sociali propongono alcune considerazioni per aprire un confronto che possa portare ad una modifica dei regolamenti dei bandi di gara per definire regole utili all’economia locale, alla buona e veloce esecuzione dei lavori, alla regolarità e legalità e al completo rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro per gli appalti di opere e lavori del settore edile nella fascia tra 150.000 e 1.000.000 di Euro.

“Nel 2021 gli Enti locali appalteranno lavori pubblici di manutenzione e di realizzazione di opere che in molti casi non superano come importo il milione di euro.

Inoltre nel Protocollo Appalti siglato nel mese di giugno 2020 le parti hanno concordato che per i lavori con importi superiori a un milione di euro debba essere utilizzata la procedura dell’offerta economicamente più vantaggiosa, mentre per gli importi sotto tale soglia fare ricorso agli elenchi di imprese già istituiti o da istituire anche a livello intercomunale.

Con queste premesse le parti sociali del settore edile propongono alcune considerazioni per aprire un confronto con i comuni per modificare i regolamenti dei bandi di gara per definire regole utili all’economia locale, alla buona e veloce esecuzione dei lavori, alla regolarità e legalità e al completo rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro per gli appalti di opere e lavori del settore edile nella fascia tra 150.000 € e 1.000.000 €.

Alla luce di quanto affermato dalla giurisprudenza, ed al fine di non pregiudicare ed anzi favorire le professionalità presenti sul territorio anche per far sì che la spesa pubblica venga reinvestita sui territori stessi, sarebbe auspicabile che le Amministrazioni Pubbliche locali adottassero criteri che potessero non pregiudicare sia le imprese uscenti che quelle del territorio inserendo regole che individuino i criteri di invito e partecipazione alle gare d’appalto.

Si potrebbero adottare procedure aperte a quelle che hanno manifestato interesse così da non escludere alcuna impresa, nemmeno le uscenti, senza pregiudicare la concorrenza (si rimanda alla nota tecnica sotto riportata e alla Sentenza del Consiglio di Stato n. 2654, del 25 aprile 2020) e invece spostare il criterio di partecipazione su principi di buona esecuzione dei lavori ed economicità.

Nella selezione degli operatori nelle procedure negoziate, come previsto anche dal Dlgs 50/2016 le parti ritengono opportuno valorizzare criteri che, in ottemperanza alle norme e alla eseguibilità del progetto di opera pubblica, permettano la partecipazione delle imprese piccole o medie tipologia molto diffusa nel territorio ravennate

Un primo criterio di suddivisione con ripartizione percentuale territoriale tra coloro che hanno inviato manifestazione di interesse (una prima percentuale considerevole, es. superiore al 60%, potrebbe utilizzare il criterio della sede legale in provincia di Ravenna e/o l’iscrizione da almeno 6 mesi con regolarità nei versamenti alla Cassa Edile di Ravenna, una seconda percentuale, ad esempio almeno il 20%, ad altre aziende con sede legale in Emilia Romagna e/o l’iscrizione da almeno 6 mesi con regolarità nei versamenti alla Cassa Edile della provincia di appartenenza, infine una terza percentuale, ad esempio inferiore al 20% alle altre imprese del territorio nazionale);

Altri criteri da prendere in considerazione potrebbero essere:

  • prossimità operativa dell’impresa (30/50 chilometri) dalla sede della stazione appaltante, e comunque entro distanze ritenute congrue con l’importo della gara;
  • obbligo di sopralluogo da parte di persona qualificata per la redazione dell’offerta e che sia in carico all’organico dell’impresa stessa;
  • specializzazione dell’impresa nell’esecuzione di lavori pubblici analoghi a quelli oggetto di gara attraverso la valutazione della sua adeguatezza alla natura, tipologia e durata dei lavori;
  • premialità dell’azienda che svolge il lavoro con proprio personale dipendente subordinato senza dovere ricorrere a sub appalto;
  • reputazione dell’impresa dimostrata con la certificazione dei lavori già eseguiti per il medesimo committente e l’iscrizione presso elenchi di merito, white list e/o anagrafe

degli esecutori;

  • premialità per la corretta applicazione delle normative sulla salute e sicurezza sul lavoro con la verifica degli indici infortunistici nel biennio precedente;
  • premialità per le aziende che applicano, senza irregolarità elevate formalmente dagli organi di controllo, i Contratti di lavoro nazionali e/o territoriali sottoscritti dalle OO.SS. maggiormente rappresentativi nel territorio;

In questo modo i criteri sarebbero chiari e inoppugnabili, si favorirebbe la partecipazione delle imprese del territorio senza snaturare i principi di concorrenza e rotazione, seguendo altresì le linee dettate dal Consiglio di Stato la suddivisione sarebbe applicabile alla fase della manifestazione d’interesse a cui seguirebbe poi una procedura aperta così da consentire la partecipazione a tutte le imprese interessate.

Nota tecnica

La proposta si inserisce nella ormai annosa questione dei criteri che le stazioni appaltanti sono tenute ad adottare nelle gare sotto soglia, al momento dell’applicazione dei principi regolanti la rotazione.

Il primo aspetto da chiarire è che il cd. “principio della rotazione” non è un principio assimilabile ai veri e propri principi del diritto amministrativo di derivazione comunitaria, come quelli di efficacia ed efficienza, proporzionalità e ragionevolezza, trasparenza, non discriminazione e pubblicità, tutti espressamente richiamati dall’art 30 (“Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni”) del d.lgs n. 50/2016. Né si pone in contrasto con il principio della concorrenza, costituendone anzi espressione ed operando, nei casi concreti, come sua particolare modalità di attuazione.

L’effetto di un’applicazione manichea del principio di rotazione alla stregua di un precetto normativo, nel corso del tempo, ha sacrificato sull’altare della concorrenza altri principi, non normativizzati ma essenziali nella realizzazione dell’opera pubblica come la buona esecuzione del lavoro e l’economicità dello stesso. Non rari sono stati i casi in cui, l’impresa esclusa perché già aggiudicataria del lavoro o servizio avrebbe garantito, in continuità, una qualità migliore ed un’economicità non trascurabile vista l’esperienza maturata.

Per comporre la questione si sono succedute due pronunce giurisprudenziali nelle quali prima il Tar Toscana e poi il Consiglio di Stato hanno indicato i criteri per poter derogare al principio di rotazione.

Il Tar Toscana con la sentenza del 22 gennaio 2020, n. 86 afferma che la rotazione, se posta quale regola governante l’aggiudicazione dei contratti pubblici di importo più contenuto, esprima la volontà di un coinvolgimento più esteso possibile degli operatori economici nell’affidamento negoziale, e rappresenti quindi un istituto pro-concorrenziale.

Nel caso di specie la procedura negoziata si è svolta con una modalità aperta, atteso che l’amministrazione ha invitato tutti i soggetti che avevano manifestato il loro interesse, senza esclusioni o vincoli in ordine al numero massimo di operatori ammessi alla procedura.

Mutuando quindi il principio anche alle procedure classiche di lavori che non vengono assegnate tramite mercato elettronico, possiamo affermare che qualora la procedura sia aperta, l’obbligo di applicazione del principio di rotazione può essere derogato.”