La grancassa con cui il PD glorifica il ritorno a casa del Comune dell’area di oltre 5 ettari già sede del defunto Centro di Ricerche Ambientali di Marina di Ravenna non copre le sue responsabilità sull’omicidio. Tanto meno quella sugli enormi danni economici subiti dall’amministrazione comunale, valutabili sull’ordine di milioni di euro, riguardo a cui chiedo ora che sia effettuata un’indagine, al momento interna, avvalendomi anche della testimonianza, che ho consegnato oggi alla presidenza del consiglio comunale, espressa dal prof. Roberto Serra, ex direttore del Centro tra la primavera del 1995 e la fine dell’estate del 2004, ora docente universitario.

IL TRADIMENTO DI GARDINI
Basta riprendere le immagini polari di un film che Lista per Ravenna ha proiettato insistentemente senza riuscire a fermarne l’esito nefasto. Fu Raul Gardini, nel 1992, a costruire per la Montedison il Centro, su un terreno di oltre 3 ettari con annessa un’area pinetale altrettanto vasta, concesso dal Comune, inizialmente fino al 2020, in seguito fino al 2034. Il contratto obbligava la proprietà del Centro, in cambio di un prezzo simbolico per l’uso del terreno pari a 25.820 euro di oggi, ad attrezzarlo e adibirlo a ricerche avanzate nei campi chimico, biologico, informatico e di scienze della terra, nonché a svolgere un’intensa collaborazione con la facoltà di scienze ambientali dell’Università di Ravenna a supporto delle sue attività di tirocinio e formazione degli studenti. Anche dopo la morte di Gardini e dell’impero Ferruzzi, l’accordo fu discretamente rispettato fino al 2004, ma poi il Centro fu ceduto alla società Fenice, della multinazionale EDF, la quale lo svuotò, tagliando le attività di ricerca e di formazione universitaria e riducendolo ad un banale laboratorio di analisi. Il danno per Ravenna fu gravissimo, ma il Comune fece finta di niente, senza nemmeno contestare le violazioni del contratto, causa – in ragione degli impegni di enorme interesse pubblico totalmente violati – di un danno plurimilionario della comunità ravennate, rinunciando anche a pretendere il ritorno dell’area, con il fabbricato edificato compreso, nel suo pieno possesso.

Lista per Ravenna denunciò più volte pubblicamente questi fatti, in particolare quando, con decorrenza 1° febbraio 2009, la Fenice vendette il Centro, senza che il Comune vi ponesse doverosamente il divieto, alla CRSA Med-ingegneria, società a responsabilità limitata con un capitale di appena 100 mila euro, la quale, a parte le buone intenzioni, era strutturalmente inadeguata ad affrontare gli investimenti di grande entità necessari per rilanciare in grande stile le ricerche del Centro. Fummo facili profeti di sventura. Il bilancio del 2009 chiuse già in rosso. Il 1° febbraio 2010, con la messa in cassa integrazione per sei mesi di notevole parte del personale, ebbe inizio l’agonia del Centro, che si concluse nel 2015 col fallimento della società.

IL GRANDE AFFARE

Il “grande affare” di oggi è che il Comune si riprende quel vastissimo e pregiatissimo terreno, col Centro dentro – che almeno dieci anni prima avrebbe potuto recuperare gratis e farne tutto quello che voleva – pagando “solo” 150 mila euro alla Curatela fallimentare, avendo anche l’impudenza di vantarsene. Addirittura – a rischio del ridicolo – enfatizza il recupero di 93 mila euro di IMU non versata, come se fosse anormale a Ravenna pagare al Comune la tassa sulla casa. Questa è l’unica cosa certa di ciò che ora la Giunta De Pascale vende alla pubblica opinione come impresa memorabile per il futuro della ricerca scientifica a Ravenna.

Tutto il resto, sicuramente valido e interessante, per quanto unica cosa da fare nelle condizioni di sfacelo prodotte, è eventuale. Tale è l’installazione nel terreno recuperato di un Centro di ricerca universitario ad opera dell’ateneo di Bologna, perché dipende dall’eventuale ottenimento di un congruo finanziamento della Regione sottoposto ad un bando pubblico. Nel caso poi che il nuovo Centro si faccia, il coinvolgimento paritario della Fraunhofer-Gesellschaft, organizzazione tedesca che raccoglie 60 istituti di ricerca applicata, decisivo per le prospettive di successo, è condizionato ad una negoziazione che l’Università deve ancora da avviare. Mentre comunque, anche senza la Fraunhofer, il Comune dovrà pagare, a costo milionario, la ristrutturazione del fabbricato e gli arredi, per poi cedere gratis l’uso dell’immobile all’Università: costi che non sono stati neppure quantificati, tanto è sfacciato l’effetto annuncio che, nel senso di spero-che-me-la-cavo, anima il modus operandi della Giunta.

L’EMENDAMENTO DI LISTA PER RAVENNA

Lista per Ravenna spera anch’essa, per il bene di Ravenna, che De Pascale, una volta tanto, se la cavi. Ma non ci associamo al coro del “battiam battiam le mani all’uomo di valor” che egli sollecita. E comunque chiediamo il conto del malfatto, cominciando col sottoporre al consiglio comunale l’allegato emendamento.