14/05/2018 – Una famiglia italiana del torinese con tre figli in tenera età, sfrattata di casa, è vissuta per sei giorni e notti in una station vagon, finché la notizia, scoppiata sul Corriere della Sera il 10 maggio, diventata subito virale, ha innescato una gara di solidarietà che ha risolto civilmente la questione. Oggi, ho assistito e partecipato, nella campagna di San Pietro in Vincoli, alla redazione e alla consegna, presente la forza pubblica, dell’atto giudiziale con cui una famiglia italiana, ravennate da 20 anni, ha subìto lo sfratto esecutivo dalla propria abitazione. L’unica proprietà entro cui, da oggi stesso, potrebbe dunque ripararsi è costituita da un furgone di 6 posti e da un’auto, attualmente non circolante, ultradecennali. La famiglia, composta dal padre e dalla madre, quarantenni, e da quattro figli tra due e 17 anni, vive esclusivamente col lavoro del padre, avendo un reddito ISEE di 7.977,80 euro. Il loro appartamento, di piccola-media dimensione, fu acquistato con un mutuo all’epoca in cui il padre era contitolare di un’apprezzata ditta di impianti elettrici. La rata mensile di 900 euro è stata onorata per alcuni anni, finché, causa la crisi dell’edilizia, non è stato più possibile farvi fronte. Di qui la spirale che ha portato la famiglia a perdere la proprietà dell’alloggio ed infine ad esserne sfrattata. Con il proprio stipendio da operaio elettricista di un ditta ravennate, il padre paga ad Equitalia da circa 10 anni, con 400 euro al mese, il debito tributario contratto con lo Stato quando la sua società era andata in fallimento. Finisce di pagarlo quest’anno. Nel 2017 gli è stato diagnosticata una grave malattia. Ha quindi sofferto un pesante trattamento chemioterapico e un autotrapianto di cellule staminali. Di qui il riconoscimento di un alto grado di invalidità civile. Perdendo, nel 2017 stesso, la proprietà del suo appartamento, la famiglia – che prima di allora non aveva mai chiesto aiuto né assistenza al Comune – ha potuto finalmente presentare domanda, a procedura di sfratto già in corso avanzato, di una casa popolare, conseguendo una posizione in graduatoria tra le più avanzate per ottenere un alloggio idoneo ad ospitare sei persone. Stando alle previsioni, esso potrebbe esserle consegnato “entro l’anno”. Nessun alloggio temporaneo, anche di piccola dimensione, ad un canone sostenibile, la famiglia ha potuto reperire sul mercato, anche per l’impossibilità di offrire le garanzie richieste, stante il contratto lavorativo precario del padre. Come scritto anche nell’atto giudiziale odierno, la soluzione prospettata dal servizio sociale per far fronte all’emergenza consiste nello smembrare la famiglia, collocando la madre e i figli minorenni in un albergo sociale: soluzione che la famiglia, straordinariamente unita e (posso dirlo) esemplare (con figli che hanno ottimi curriculum scolastici), non vuole assolutamente accettare, stante anche la condizione di salute del padre. Ho assistito stamane, sul posto, presente anche il servizio sociale del Comune, ad una lunga e sofferta disamina, con l’autorità giudiziale, del caso, che qui ho cercato di esporre in senso oggettivo e stringato, pur avendo potuto conoscerlo e potendone discutere a fondo. Fino al prossimo lunedì la famiglia può utilizzare l’alloggio solamente per sgombrarlo dai mobili, nel frattempo collocando i figli in modo che non dormano su strada. Non avrei voluto che si arrivasse a questo punto. In tal senso mi ero attivato per tempo. Non mi interessano le polemiche, né scambi di accuse o di responsabilità. Mi sento soltanto di rivolgere un appello alla cittadinanza, ben conoscendone lo straordinario spirito di solidarietà. che la anima, affinché chi ne ha la possibilità (istituzioni, società, associazioni, chiesa locale o altre comunità religiose, cittadini) offra a questa famiglia l’ospitalità di un alloggio, anche di modeste condizioni, per i pochi mesi entro cui il Comune potrà darle la casa popolare a cui ha diritto. Al trasloco e ai lavori di eventuale piccola sistemazione provvederanno il padre stesso e i due figli più grandi. Ogni risposta o indicazione al riguardo può essere segnalata all’indirizzo mail grulistara@comune.ra.it, tel. 0544-482.225, o di persona presso gli uffici comunali dei gruppi consiliari in piazza del Popolo, 1, a Ravenna. Ai servizi sociali e ad ACER rivolgo invece la richiesta di operare perché, nei tempi tecnici più solleciti, questa famiglia possa prendere possesso della sua casa popolare in affitto.