Una settimana fa, la Procura della Repubblica di Ravenna (pubblici ministeri Alessandro Mancini e Lucrezia Ciriello) ha notificato la notizia di fine indagine ad otto persone: i quattro rappresentanti legali della società proprietaria dell’impianto succedutisi dal 2015 ad oggi, il progettista che ha redatto lo studio d’impatto ambientale, il responsabile della Regione per il rilascio della Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA), il dirigente dell’allora Servizio Tecnico di Bacino dei fiumi romagnoli situato a Ravenna e il rappresentante di tale servizio nel procedimento di VIA. I reati loro contestati, per le diverse responsabilità, sono di frana colposa (dall’avvio della centrale fino al marzo 2016) e di disastro ambientale (successivamente). “Tutto come avevamo denunciato a fine maggio 2016” afferma Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna che in consiglio comunale denunciò quanto stava accadendo a Mensa Matellica: Fin dal mese di agosto 2015, quando la centrale di Mensa Matellica entrò in funzione, si avviò un processo di erosione delle sponde fluviali nel tratto di circa tre chilometri a monte del paese. Questo fenomeno ha via via assunto forme sempre più preoccupanti, fino a sfociare in un vero e proprio dissesto idrogeologico. Le sponde sono progressivamente franate, abbattendo terreni agricoli privati per oltre dieci metri, fin quasi ad arrivare ad alcune case… La loro forma si è verticalizzata, con altezze anche di sei metri, ponendosi a strapiombo col residuo suolo agricolo… Il sommovimento franoso ha trascinato nel fiume alberi di prima grandezza quali salici, pioppi e ontani…”. Individuammo la causa del disastro “nella messa in funzione delle paratoie per la produzione di energia elettrica, che ha creato a monte un innalzamento del livello idrico di almeno due metri. Il terreno sabbioso di sponda, già per sua natura vulnerabile, imbevendosi dell’acqua del fiume tende a franare nell’alveo con tutta la vegetazione…”. Mettemmo sotto accusa “il procedimento istruttorio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)”. Ci chiedemmo “come la Valutazione d’Impatto Ambientale non abbia constatato il conflitto con le direttive della Regione in materia di derivazioni d’acqua pubblica ad uso idroelettrico che ammettono nuovi sbarramenti sui corsi d’acqua solo se programmati dalle amministrazioni per ragioni di difesa idraulica”.

FILO ROSSO CON SAN BARTOLO – Affermando che “il Comune di Ravenna non è disinteressato alle cause alle responsabilità del dissesto, che investe il proprio territorio”, ammonimmo che “c’è poi l’istruttoria della nuova centrale di San Bartolo su cui porre una lente di ingrandimento”, costruita peraltro dalla stessa ditta di Mensa. 

LA POLITICA NON TACCIA OLTRE – “Non ci compiacciamo di essere stati profeti di sventura, soprattutto perché il filo che lega questi due paesi del nostro comune si è anche macchiato di sangue. Chiediamo che si faccia giustizia su entrambi i casi. Ma torniamo a chiedere, finora inascoltati, che Regione, Provincia e Comune valutino a fondo e rivedano radicalmente le procedure che hanno consentito di avviare, completare e mettere in atto opere idrauliche di tanto grave impatto ambientale senza evitare né correggere né perseguire pecche, irregolarità ed omissioni drammatiche. La politica non può tacere oltre”.