Depositato lo studio commissionato dalla Regione sul Polo Unico Regionale del Gesso a Monte Tondo nel Parco della Vena del Gesso. Studio già criticato dalla Saint-Gobain, la realtà che opera all’interno della cava, ora al vaglio della Federazione degli Speleologi e delle realtà ambientaliste che nei mesi scorsi si sono attivate con una serie di iniziative contro la proroga dei permessi di sfruttamento della cava proprio da parte della Saint-Gobain o di altre realtà. Ora sarà la Regione a dover decidere il futuro della cava.

Lo studio, secondo la Federazione Speleologica, a capo delle realtà che hanno dato vita al collettivo “Salviamo la Vena del Gesso”, evidenzia alcuni punti fondamentali:

1) la quantità di gesso estraibile all’interno dell’attuale perimetro del PIAE è nettamente superiore a quanto comunicato in proposito da Saint Gobain.

2) “considerare il nuovo periodo di attività come l’ultimo possibile e concedibile, inserendo opportune clausole di salvaguardia negli atti autorizzativi corrispondenti” e conseguentemente “di utilizzare il decennio di ulteriore attività mineraria per attuare adatte politiche di uscita dal lavoro degli addetti oggi impiegati, in modo da minimizzare il problema al momento della cessazione delle attività”.

Sono stati proposti diversi scenari:

Scenario A: ovvero “alternativa zero” che prevede la cessazione dell’attività estrattiva entro il 2022. Questo scenario costituisce la naturale conclusione dell’attività estrattiva in base a quanto condiviso 20 anni fa da tutti i soggetti in causa, a seguito dello studio ARPA recepito nel PIAE 2006. “Se oggi questo scenario, come evidenziato nello studio, creerebbe un problema occupazionale ciò è dovuto all’inerzia e all’indifferenza degli enti locali, che, nel tempo, non si sono minimamente preoccupati di creare alternative, non reputando prioritaria la salvaguardia di uno straordinario “bene comune” qual è la Vena del Gesso” commenta la Federazione.

Scenario B: “Ipotesi di prosecuzione attività estrattiva secondo lo scenario 4 dello studio ARPA 2001”. Questo scenario, raccomandato dallo studio, prevede di contenere l’area di estrazione del gesso entro i confini del vigente PIAE ovvero il così detto “limite invalicabile”. “Se questo scenario ha il pregio di non ampliare ulteriormente l’area di cava, tuttavia permette la distruzione di altre grotte di primaria importanza, inoltre contrasta con le norme legislative vigenti che vietano “la modifica o l’alterazione di grotte, doline, risorgenti o altri fenomeni carsici superficiali o sotterranei””.

Scenario C: “Attuazione dell’ipotesi di cui al cap. 13.5 dello studio di ARPA 2001”. Lo studio ARPA, nel precisare che in questo caso l’espansione della coltivazione sarebbe andata oltre i limiti del PIAE in vigore ed all’interno del Parco Regionale della Vena del Gesso, affermava che tale coltivazione doveva essere realizzata più con lo scopo di raccordare la cava con la vena vergine del gesso piuttosto che essere impostata come una coltivazione vera e propria. “Ebbene, lo scenario C di fatto prevede un ampliamento, non proprio modesto, della cava in zona B, ma anche un incremento di 1.000.000 di m3 di materiale estraibile e quindi non un semplice raccordo, ma un vero e proprio consistente ampliamento della cava. Si legge poi nella relazione che questa zona di cava, interesserebbe un ambito, per quanto ad oggi si sa, di minor “valore carsico”. Ciò che in modo inequivocabile è assodato è che l’attività di cava in ogni direzione in cui si è sviluppata ha intercettato e distrutto fenomeni carsici. Non è poi assolutamente accettabile che sia ampliata l’area di cava e le quantità estraibile giustificando tutto ciò con motivazioni di “ripristino ambientale” di fatto si distruggerebbe un’area ad oggi ancora naturale. Per questi motivi lo scenario C non può essere considerato. Infine, va sottolineato che, anche in questo caso le norme legislative citate ed altre ancora, vietano l’ampliamento del perimetro di cava”.

Scenario D: “Anche per quanto riguarda questo scenario valgono le considerazioni già evidenziate per lo scenario C” evidenziano gli speleologi. “Lo studio mette comunque in evidenza le “insufficienze” rilevate nella proposta Saint Gobain finalizzata piuttosto ad un’altra futura possibilità di ampliamento estrattivo piuttosto che di cessazione definitiva della cava e quindi evidentemente incompatibile con quanto raccomandato dallo studio stesso”. Del resto “per la sua valutazione è stata espressamente richiesta dalla Committenza di questo studio di limitare l’analisi alla porzione compresa entro l’areale dello scenario 4 così come cartograficamente perimetrato appunto nel PIAE vigente”. Da ciò si deduce, secondo la federazione,  “che anche la committenza ritiene complessivamente improponibile la proposta Saint Gobain. In sostanza va sottolineato che questo scenario dimostra solo che la multinazionale non ha alcuna considerazione dell’ambiente e, come è ovvio, considera unicamente i propri interessi economici che prevedono lo sfruttamento indiscriminato del territorio”.