“Il 2 agosto 1980 alle 10 e 25 una terrificante esplosione distruggeva la stazione di Bologna, uccideva 85 persone e ne feriva più di 200. L’orologio della stazione pietrificato su quell’orario è uno dei simboli di quella strage fascista e di Stato. L’edizione straordinaria di un giornale uscita lo stesso 2 agosto titolava: «Strage alla stazione. Può essere una bomba, ma sembra più probabile lo scoppio della centrale termica». Ad oggi sono passati 43 anni contrassegnati da continui tentativi di depistaggio. Ancora qualche giorno fa è stata ritirata fuori la presunta pista palestinese. Lo Stato impiega un attimo a indagare l’opposizione democratica ma fa molta più fatica ad indagare su se stesso e sulle destre eversive. E poi la smemoratezza istituzionale prova di continuo a stendere il suo pesante velo sulle verità accertate anche giudizialmente: i coinvolgimenti degli apparati dello Stato, la manovalanza della destra eversiva, il ruolo della loggia massonica Propaganda 2.

 

Renato Zangheri, Sindaco comunista di Bologna per 13 anni, nel discorso che pronunciò il 6 agosto del 1980, ai funerali celebrati in Piazza Maggiore disse di fronte al Presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini:

«Duro è parlare oggi e riunirci in questa terribile circostanza, e si può essere colti da una rabbia desolata, perché non si vede per quale via possa farsi giustizia, una giustizia piena e finalmente rapida; e dunque può sopravvenire la sensazione dell’impotenza, la perdita della speranza.

Ma non è questo l’obiettivo degli istigatori e degli esecutori del crimine?

Eccoci di nuovo a interrogarci sulla barbarie, se abbia una logica, un filo conduttore, uno scopo percepibile.

Che cosa si è voluto? Seminare il panico, indebolire le difese della Repubblica, fino a soffocarla? Spostare l’asse politico su posizioni di cieca conservazione? O suscitare una reazione violenta, per poi, dopo averla provocata, preparare le condizioni della repressione? In queste ore di lutto non possiamo evitare le domande, lo sforzo di capire, se non vogliamo che l’angoscia si muti in disperazione.

È necessario capire la logica del delitto per combatterlo.

Non si dica che la reazione popolare essendo stata forte e ordinata, ha subito dissolto il disegno della provocazione, e che questo doveva essere previsto dagli assassini.

Costoro non conoscono e non prevedono la forza e la maturità del popolo.

L’hanno dimostrato a Milano, a Brescia, e per due volte a Bologna.

Non si dica che gli attentati sono allora opera solitaria di un gruppo di folli. […]

È una posta altissima.

Sono attaccate le conquiste della Costituzione, il diritto dei lavoratori a costruire una società giusta, le attese delle giovani generazioni, l’esigenza umana e politica del cambiamento.

Ci batteremo duramente perché questa prospettiva non sia negata.

Abbiamo forze e convinzioni che non si esauriranno nel giro dei giorni e degli anni.

Altre domande incalzano. Quali complicità hanno accompagnato questa azione nefanda? Le scopriremo? I ritardi non saranno nuovamente esiziali? Signor Presidente, il dolore non può farci tacere.

Corpi straziati chiedono giustizia, senza la quale sarebbe difficile salvare la Repubblica; chiedono pronta identificazione e condanna dei colpevoli di tutti i delitti che hanno macchiato l’Italia in questi anni; chiedono la sconfitta della sovversione, e le condizioni di una vita e di una democratica ordinata.

Incertezze e colpevoli deviazioni hanno subito le indagini da Piazza Fontana ad oggi.

Troppe interferenze e coperture sono state consentite. […]

Assieme non potremo essere sconfitti.

 

Il saluto alle vittime è in questo momento, signor Presidente della Repubblica, una promessa morale e politica di fedeltà alle ragioni del progresso umano ed è fiducia in una giustizia che non può fallire perché poggia sull’animo di grandi masse di donne e di uomini».

Come Ravenna in Comune, come ogni anno, rinnoviamo il ricordo e la rabbia. Chi cerca di demolire quanto conquistato dalla Resistenza e sancito dalla Costituzione continua con metodi diversi il proprio incessante operato, insinuandosi nelle Istituzioni oggi come allora. Sentiamo e facciamo nostre le ultime parole di Zangheri quattro giorni dopo la strage. È anche la nostra promessa: Noi affermiamo oggi la nostra difficile speranza e chiediamo a tutti di combattere perché la vita prevalga sulla morte, il progresso sulla reazione, la libertà sulla tirannia”.