“Secondo i dati ufficiali INPS a Ravenna (provincia), nei primi sette mesi del 2023, il reddito di cittadinanza ha fatto sopravvivere 2.663 nuclei familiari, equivalenti a 5.134 persone. L’importo medio mensile non è arrivato a 500 euro. Per la maggior parte non riceveranno più niente. L’eccezione riguarda 739 nuclei con minorenni e 530 in cui sono presenti persone in disabilità. Certo, potrebbe andar peggio. A Napoli sono coinvolte quasi 146.000 famiglie: in tutto 373.000 persone, quasi il 12 per cento dei residenti (contro l’1,33% di Ravenna). Resta il fatto che il laconico messaggio (sms) con l’avviso della cessazione è pervenuto alle famiglie ravennati gettandole di punto in bianco nella povertà più nera. E suona quasi una presa in giro l’ambiguo riferimento contenuto nel messaggio ad una fantomatica «eventuale presa in carico da parte dei servizi sociali».

Tutto questo, ovviamente, si sapeva da tempo. Come Ravenna in Comune abbiamo allertato l’Amministrazione Comunale sulle conseguenze dirompenti per le fasce più deboli della nostra comunità da molti mesi. Sono conseguenze che si fanno sentire sotto molti punti di vista. Ad esempio, a Ravenna non esiste una mensa comunale in aiuto. L’Amministrazione dipende totalmente dalla Caritas diocesana che opera presso San Rocco (tranne che nel mese di agosto quando si trasferisce nel giardino di Santa Teresa): fino a luglio venivano serviti 200 pasti al giorno.

L’elevato tasso di inflazione che colpisce Ravenna non contribuisce ad alleggerisce la già grave situazione, ovviamente. A giugno si era già arrivati a prevedere un aumento medio annuo per famiglia ravennate pari a 1.571 euro aggiuntivi alla spesa “normale”. Del resto nella classifica stilata dall’Unione Consumatori Ravenna resta la città più cara della Romagna e la seconda della Regione dopo Bologna. Non sono certo state di aiuto le misure della Giunta fin qui adottate: aumenti su TARI, IMU, IRPEF, tassa di soggiorno, tassa su occupazione suolo, nonché le cosiddette “tasse” extra-tributarie. L’approccio negazionista della Giunta, poi, è stato sin dall’inizio rivelatore di come sarebbe andata a finire. Ricordiamo bene l’Assessora al Bilancio declamare all’inizio dell’anno di non vedere «problemi, né particolari differenze fra la nostra città e altrove. Al momento in Giunta non abbiamo in previsione particolari approfondimenti su eventuali ragioni specifiche che causino l’inflazione ravennate». Si è visto, infatti!

Ravenna in Comune aveva disegnato un approccio totalmente diverso. Era indispensabile non aggiungere una spinta da parte dell’Amministrazione all’innalzamento dell’inflazione con l’aumento delle tasse. Era altresì indispensabile l’attivazione di un apposito reddito di cittadinanza comunale come già proponevamo prima ancora dell’avvio del provvedimento nazionale ora in esaurimento. All’inaugurazione dell’Emporio della Caritas avevamo sentito de Pascale esprimersi così: «È forte nella nostra società una certa cultura della colpevolizzazione della povertà. Nella vita si cade, tutti cadiamo. Siamo trapezisti che abbiamo bisogno di una rete cui appoggiarci». Molto giusto. È estremamente urgente la sollecita attivazione di una rete di protezione comunale come proposto da Ravenna in Comune. Altrimenti dovremo prendere atto che, al di là delle parole di circostanza, la grande guerra ai poveri da parte delle Istituzioni si sta combattendo sia a Roma che a Ravenna.”