“Il Moog chiude Dopo 12 anni di attività e questo viene considerato una normalità, d’altra parte la proprietà ha tutto il diritto, visto che viviamo in un’economia di mercato di decidere di scegliere altro, rispetto a quel luogo e a quel posto.

D’altra parte anche i titolari del Moog per 12 anni hanno lavorato per portarsi a casa un riscontro economico, quindi entrambi stavano dentro e in parallelo con un contratto a una condizione di guadagno economico.
Fatto sta che questi luoghi importanti (pensiamo anche al Barnum per esempio), che hanno caratterizzato la vita sociale, culturale, musicale di tanti giovani, di tante persone che in quel luogo non hanno trovato solo bersi  una birra o altro invece hanno trovato un espressione di diversità, legata al piacere del posto a quello che veniva loro offerto, alla condizione di sentirsi bene e al piacere di scambiare parti esistenziali.
Quindi una condizione di diversità umana in  un luogo che è stato per 12 anni un luogo di bellezza, di piacere di incontro di pluralità di umanità e delle cose e dell’offerta culturale,  questa parte non si paga e chi vuole solo guadagnare è legittimamente parte del proprio interesse ma comunque questo interesse chiude una realtà non omologante e che non era solo speculativa, ma viva e pulsante della città.”
Ivano Mazzani