Nessuna calunnia, nessuna diffamazione aggravata, neanche la simulazione di reato o l’associazione a delinquere. Si chiude con un nulla di fatto la vicenda che vedeva contrapposta la Coabi da una parte e l’attivista Linda Maggiori dall’altra. Tutto ruotava intorno alla Ghilana, alle proteste degli ambientalisti di fronte al progetto di costruzione di alcune villette su un territorio, quello della Ghilana, alluvionato nel 2023. Un terreno, per altro, popolato da una ricca colonia di ricci.
Tutto iniziò quando Coabi, nonostante le proteste degli attivisti, demolì i primi ruderi presenti nell’area della Ghilana: “Come Faenza eco-logica ci siamo opposti fin dal 2020 ad ogni progetto di cementificazione di quell’area verde, riuscendo poi effettivamente a salvarla. Nel 2024 il Comune ha infatti ritirato il permesso di costruire nell’area” ricorda Linda Maggiori.
“Nell’aprile 2023 con le volontarie dell’associazione
Nessuna calunnia, nessuna diffamazione aggravata, neanche la simulazione di reato o l’associazione a delinquere. Si chiude con un nulla di fatto la vicenda che vedeva contrapposta la Coabi da una parte e l’attivista Linda Maggiori dall’altra. Tutto ruotava intorno alla Ghilana, alle proteste degli ambientalisti di fronte al progetto di costruzione di alcune villette su un territorio, quello della Ghilana, alluvionato nel 2023. Un terreno, per altro, popolato da una ricca colonia di ricci.
Tutto iniziò quando Coabi, nonostante le proteste degli attivisti, demolì i primi ruderi presenti nell’area della Ghilana: “Come Faenza eco-logica ci siamo opposti fin dal 2020 ad ogni progetto di cementificazione di quell’area verde, riuscendo poi effettivamente a salvarla. Nel 2024 il Comune ha infatti ritirato il permesso di costruire nell’area” ricorda Linda Maggiori.
“Nell’aprile 2023 con le volontarie dell’associazione Centro Recupero Ricci “La Ninna” che tutela i ricci, e la consulenza del dottor Massimo Vacchetta (veterinario esperto di ricci), chiedemmo di posticipare i lavori di demolizione di due ruderi per aspettare la fine del letargo dei ricci.” Ma Coabi proseguì con le demolizioni, facendo leva su una perizia a disposizione, che escludeva la presenza di ricci fra i ruderi, nonostante in quell’area alcune residenti della zona, da anni, si occupassero dei piccoli animali. I risultati della perizia non trovarono concorde nemmeno Massimo Vacchetta.
“Al ritrovare di alcuni ricci morti sotto le macerie, e di fronte alle nostre proteste, sono stata incolpata di simulazione di reato e associazione a delinquere, oltre che di calunnia e diffamazione aggravata” spiega Maggiori.
Per le accuse, però, il pubblico ministero chiese l’archiviazione, ma Coabi si oppose. Ora è arrivata la decisione finale del Giudice per le indagini preliminari, che ha dato torto all’azienda costruttrice.
Fa però notare Maggiori. “La Coabi ha intentato contro di me perfino una causa civile, chiedendomi oltre 50 Mila euro.
Questo è quello che succede in Italia: giornalisti e attivisti scomodi vengono posti sotto pressione, intimiditi con querele temerarie, accuse infondate, per fiaccare la loro volontà e impedire che continuino a testimoniare e protestare”.
Nel procedimento, l’attivista è stata difesa dall’avvocato Andrea Di Pietro e supportata da “Ossigeno per l’informazione”, osservatorio attivo per monitorare la situazione dei cronisti minacciati.
(veterinario esperto di ricci), chiedemmo di posticipare i lavori di demolizione di due ruderi per aspettare la fine del letargo dei ricci.” Ma Coabi proseguì con le demolizioni, facendo leva su una perizia a disposizione, che escludeva la presenza di ricci fra i ruderi, nonostante in quell’area alcune residenti della zona, da anni, si occupassero dei piccoli animali. I risultati della perizia non trovarono concorde nemmeno Massimo Vacchetta.
“Al ritrovare di alcuni ricci morti sotto le macerie, e di fronte alle nostre proteste, sono stata incolpata di simulazione di reato e associazione a delinquere, oltre che di calunnia e diffamazione aggravata” spiega Maggiori.
Per le accuse, però, il pubblico ministero chiese l’archiviazione, ma Coabi si oppose. Ora è arrivata la decisione finale del Giudice per le indagini preliminari, che ha dato torto all’azienda costruttrice.
Fa però notare Maggiori. “La Coabi ha intentato contro di me perfino una causa civile, chiedendomi oltre 50 Mila euro.
Questo è quello che succede in Italia: giornalisti e attivisti scomodi vengono posti sotto pressione, intimiditi con querele temerarie, accuse infondate, per fiaccare la loro volontà e impedire che continuino a testimoniare e protestare”.
Nel procedimento, l’attivista è stata difesa dall’avvocato Andrea Di Pietro e supportata da “Ossigeno per l’informazione”, osservatorio attivo per monitorare la situazione dei cronisti minacciati.



























































