Confindustria Romagna, sbigottita dal silenzio calato su un tema cruciale come quello dell’approvvigionamento energetico, richiama l’attenzione del Governo sul settore upstream offshore e sul mancato impegno a tutela del distretto produttivo ravennate di gas naturale.

A diversi giorni dalla visita del premier Giuseppe Conte in uno dei centri di eccellenza nella produzione di gas naturale, gli appelli delle imprese, dei lavoratori, delle istituzioni a nome di un’intera comunità non hanno né risposte, né un riscontro.

La bozza del Disegno di Legge di Bilancio 2020 prevede misure che danneggiano irrimediabilmente il settore upstream offshore ravennate con il suo indotto di migliaia di addetti; alla moratoria sull’esplorazione e all’aumento dei canoni concessioni di 25 volte introdotti recentemente si aggiungerebbero, con il disegno di legge, l’abolizione delle franchigie e l’introduzione dell’imposta immobiliare sulle piattaforme entro le 12 miglia dalla costa. Queste misure determineranno la chiusura delle attività nelle concessioni di medie e piccole dimensioni, circa il 50% delle concessioni attive in Italia. Quindi, contrariamente alle finalità dell’Esecutivo che si attende dall’introduzione delle misure un effetto positivo sulle casse dell’erario, in realtà già nel breve periodo il bilancio per lo Stato sarà pesantissimo e ampiamente negativo per la perdita di posti di lavoro, mancati gettiti royalties, tasse, contributi ed IVA.

Come conseguenza, il Paese sarà costretto ad aumentare le quantità di gas naturale importato, fonte energetica di transizione riconosciuta che ha, a livello sia nazionale (nel Piano nazionale integrato energia e clima) sia internazionale, un ruolo insostituibile per accompagnare le fonti rinnovabili verso un futuro low carbon.

La maggiore dipendenza di fornitura energetica da paesi stranieri porta anche un considerevole aggravio di costi sulla bolletta energetica per lo Stato e per i consumatori, vista la maggiore spesa legata all’importazione di gas naturale straniero rispetto alla produzione nazionale. Infine, la sostituzione del gas domestico con quello di importazione causerebbe un aumento delle emissioni GHG in seguito al trasporto, che avvenga via nave o via tubo.

L’associazione rilancia quindi con forza l’idea di Ravenna come città della transizione energetica e chiede di rompere quanto prima il muro di indifferenza che ha fatto precipitare nel limbo un intero comparto industriale.