«…francamente troppi per un’area elettorale molto piccola».

«Oggi il PCI non c’è nemmeno più e in cambio abbiamo tre formazioni che si richiamano al comunismo e se ne vorrebbero spartire l’eredità politico-elettorale».

«Il quadro si completa con l’estrema sinistra spaccata in tre che insieme rischiano di non arrivare al 2 percento…».

“Sono solo tre esempi – ma fidatevi potrei portarne molti di più – di come la stampa locale ha presentato all’Opinione Pubblica/Corpo Elettorale la presenza di tre liste a sinistra del “centro-sinistra-destra” alle amministrative di Ravenna del 3 e 4 ottobre. Un modo non particolarmente preciso, sicuramente disattento, che si pone irrimediabilmente dalla parte del vincitore “annunciato” sbeffeggiando chi “pericolosamente” si mette di traverso. E allora, solo per fare corretta informazione verso i cittadini più che per spiegare a chi ricorre anche al mezzuccio di sbagliare il cognome del candidato pur di aggiungere ostacoli a chi si oppone, facciamo un po’ di chiarezza, parlando di noi: Comunisti Uniti.

Dopo aver passato mesi di inutili discussioni con chi, all’interno di Ravenna in Comune, sosteneva che essendo cambiato il quadro politico nazionale (leggi: governo Conte Bis e “governissimo” – tutti dentro – Draghi) si poteva “interloquire” – dicevano – con il PD e i suoi alleati, Rifondazione Comunista, richiamandosi allo spirito dell’Appello del 2016 che dichiarava l’esperienza di RiC come alternativa alle scelte e alla politiche della maggioranza a Palazzo Merlato, decideva di prendere atto che un’esperienza era esaurita e usciva da RiC lanciando un appello alle forze politiche e della cittadinanza attiva di Ravenna per costruire una lista che proseguisse il lavoro iniziato nel 2016 con Raffaella Sutter e proseguito fino ad oggi con Massimo Manzoli. Non riuscendo, cioè, a convincere gli altri della sua posizione e non potendo accettare il “percorso” di verifica proposto che, superando di fatto l’alternatività di Ravenna in Comune, l’avrebbe esposta o all’adesione ad un progetto che rifiutava a priori o uscire “dopo” l’eventuale decisione rifiutando il metodo democratico, Rifondazione sceglieva di andare avanti.

Riconquistare sovranità e agibilità politica è sembrato in quel momento, dunque, l’unica possibilità che le rimaneva per continuare a battersi contro il modo classista e ideologico del Partito Democratico e dei suoi alleati di amministrare Ravenna. All’appello – lanciato lo scorso febbraio – hanno risposto positivamente, oltre alle molte personalità della cittadinanza attiva, i compagni del Partito Comunista Italiano che, insieme al PRC, semplificando di fatto il quadro politico a sinistra, hanno dato vita all’esperienza dei Comunisti Uniti che comunque rimaneva aperta a tutta la sinistra cittadina.

Per questo motivo rimane il rammarico di non essere riusciti a fare di più nel senso dell’Unità delle forze della Sinistra di cambiamento, aggiungendo ai Comunisti Uniti anche l’esperienza adunata attorno alla candidatura del compagno Santini – con cui fino al giorno prima della sua ufficializzazione si era ragionato e discusso – ma che, dopo essersi battuti fino alla fine nel tentativo di orientare a sinistra quel che restava di RiC, hanno deciso di non poter proseguire nel confronto con noi.

La Sinistra, dunque, con tutti i suoi limiti, a Ravenna C’È con una proposta varia e qualificata che punta a riportare al voto quel 30 per cento di elettori che disorientati, qualcuno sostiene “schifati, rifiuta da anni di votare favorendo in tal modo le forze della dittatura interclassista del senso comune e dell’ineluttabilità del pensiero unico. Ci sarà tempo, a scrutinio terminato, di rilanciare una proposta che ci riunisca tutti in un unico progetto politico di trasformazione della società.