Sono quasi passati quattri anni dal settembre 2019 in cui la Valle della Canna, patrimonio naturalistico inestimabile di circa 270 ettari gestito dall’Ente Parco del Delta del Po per conto del Comune di Ravenna e del Demanio pubblico, proprietari di due sue distinte parti, subì un tragico collasso a causa della mancanza di acqua. Furono raccolti 2.200 uccelli acquatici morti, ma un imprecisato numero rimase sepolto sui fondali giacché l’innalzamento del livello idrico fu operato prima che le carcasse fossero totalmente recuperate. Ed ecco che, in questo fine agosto, si è avuta notizia che la Procura della Repubblica di Ravenna ha iscritto nel registro degli indagati, a seguito dell’indagine penale compiuta, l’ex direttrice del parco regionale del Delta del Po e l’ex dirigente del servizio Tutela dell’Ambiente del Comune di Ravenna. Secondo la Procura, la causa esclusiva della moria di uccelli è stata il botulismo aviare, malattia neuroparalitica causata dall’ingestione di una tossina prodotta dal batterio Clostridium botulinum, le cui spore si moltiplicano molto in ambienti carenti di ossigeno, com’erano allora il suolo e i sedimenti della Valle della Canna allo stremo d’acqua. L’8 ottobre presentai alla Procura, anche come presidente della commissione consiliare del Comune di Ravenna, una “Denuncia di strage ambientale nella Valle della Canna” , a cui seguì, in un secondo momento, un esposto dei cacciatori.

L’insufficiente alimentazione idrica di questa Valle era stata da me sollevata con interrogazioni al sindaco, supportate da tecnici ed esperti in materia, sui danni ambientali avutisi nelle estati 2015, 2016 e 2017. Con interrogazione del 12 giugno 2017: “In secca già a maggio Valle della Canna. Punta Alberete abbandonata al degrado”, segnalai che, a differenza degli anni precedenti, quando la secca si ebbe a fine luglio, “quest’anno il fenomeno è in atto, come allora, per circa un terzo della superficie, da fine maggio, in pieno periodo riproduttivo della fauna acquatica. Ne derivano dunque danni gravissimi alla riproduzione di tutte le specie nidificanti. Incombono anche pericoli sanitari, perché dalle deiezioni degli uccelli può generarsi, soprattutto in acque calde e poco profonde, il botulismo aviare, che ne causa strage per avvelenamento. Finì con l’intero prosciugamento della valle e, anche se non si verificò il botulismo, con notevoli danni agli uccelli acquatici e ai pesci, che l’11 agosto documentai, tramite una formale denuncia di disastro ambientale, al NOE (Nucleo Operativo Ecologico del Carabinieri) di Bologna e al comandante della Polizia provinciale (quale polizia ambientale ed ittica), su cui non ho avuto riscontro. I fatti del settembre 2019, che da subito prospettarono una possibile epidemia di botulino aviario, mi suggerirono, richiamando la documentazione degli anni precedenti, di rivolgere una nuova denuncia alla Procura della Repubblica, al fine che si potesse verificare quanto eventualmente attinente alla nozione di “Disastro ambientale”: “Alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali”, aggravata “quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale…, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette”.

L’ipotesi di reato formulata dalla Procura nei confronti dei due dirigenti pubblici aventi parte in causa è di inquinamento ambientale colposo, probabilmente in relazione alla carenza delle misure messe in atto per evitare gli effetti catastrofici avvenuti, a fronte della quale essi possono contrapporre le proprie ragioni a difesa, tra cui eventualmente la scarsità delle loro disponibilità, dipendenti da fattori esterni. Ebbi modo, come presidente della commissione Ambiente, di organizzarne allora, per il 14 novembre, una seduta aperta, richiesta dai gruppi di Lista per Ravenna, Forza Italia e Lega Nord, volta ad approfondire, col contributo di dirigenti ed esperti degli enti pubblici interessati, le cause della sciagura, a superare la fase emergenziale e ad indicare i rimedi. Ne uscirono valutazioni e proposte interessanti e valide, che, raccolte in buona parte, hanno consentito di affrontare le estati successive con gli strumenti, le precauzioni e gli interventi capaci, a fronte delle ricorrenti condizioni climatiche siccitose, di mantenere in salute la Valle della Canna. Questa è la lezione che più ha dato i suoi frutti.