La presente interrogazione è rivolta da Lista per Ravenna al sindaco nel segno del principio, che ispira la lista, secondo cui la scuola deve rispettare sempre il ruolo primario dei genitori nell’’educazione dei figli, riconoscendone, al di là del campo strettamente pedagogico e didattico, la giusta e necessaria autonomia. In questo caso, è in discussione la scelta alimentare dei figli minorenni.

È notizia di ieri che il Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa, ha definitivamente annullato, respingendo il ricorso del Comune di Benevento contro una sentenza del TAR della Campania, le deliberazioni di tale amministrazione comunale che vietavano agli alunni il consumo, nei locali della refezione scolastica, di cibi diversi da quelli forniti dalla ditta appaltatrice del servizio. Tale divieto, afferma la sentenza, “limita una naturale facoltà dell’’individuo –afferente alla sua libertà personale –e, se minore, della famiglia mediante i genitori, vale a dire la scelta alimentare: scelta che – salvo non ricorrano dimostrate e proporzionali ragioni particolari di varia sicurezza o decoro – è per sua natura e in principio libera, e si esplica vuoi all’interno delle mura domestiche vuoi al loro esterno: in luoghi altrui, in luoghi aperti al pubblico, in luoghi pubblici”. Esso inoltra “manifestamente non corrisponde ai canoni di idoneità, coerenza, proporzionalità e necessarità rispetto all’’obiettivo – dichiaratamente perseguito – di prevenire il rischio igienico-sanitario”. La sentenza giunge a distanza di oltre due anni dalla quella della Corte di Appello di Torino che aveva anch’’essa riconosciuto agli studenti il diritto di portarsi il pranzo da casa e di consumarlo nel refettorio con i compagni. In quella città, sono ormai 4.500 gli studenti che portano a scuola il pasto da casa (ovviamente anche sotto la forma di uno o più panini), essendovi stato istituito allo scopo un osservatorio con il compito di disciplinare la questione.

Ma è stato il Ministero dell’’Istruzione ad impartire agli uffici scolastici di tutte le regioni già per l’anno scolastico in corso una direttiva che ammette tale diritto, chiedendo soltanto che si ponga attenzione a prevenire situazioni di criticità, evitando in particolare, come indicato dal ministero della Salute, lo scambio di alimenti. Dalle nostre parti, essa non ha tuttavia avuto alcun seguito, nonostante il regolamento del servizio di ristorazione scolastica vigente nel Comune di Ravenna, applicandosi non solo ai nidi e alle scuole dell’’infanzia comunali, ma anche a tutte le scuole statali fino a quelle secondarie di primo grado, prescriva che “non è consentito consumare pasti non forniti dal Comune nei locali mensa”. Di fatto, nemmeno una merendina, come invece era già possibile a Benevento.

 LE BATTAGLIE DI LISTA PER RAVENNA SULLE MENSE SCOLASTICHE
Lista per Ravenna monitorava da tempo l’evoluzione di questo problema. Nel 2011, raccogliendo le proteste delle famiglie di una scuola elementare, si oppose, per esempio, all’’obbligo che i bambini consumassero, senza alcuna alternativa che pranzare solo con un frutto, un “menù etnico” costituito da un piatto unico di riso, carne e verdure dal sapore sgradito a molti. D’’altra parte, il ricorso al menù unico e a piatti tipici regionali ed etnici, che oggi è diventato sistematico, è scelta condivisibile, purché, appunto, non venga imposta vietando perfino alle famiglie di provvedervi in proprio.

Occorre anche tener conto che le alte tariffe del pasto scolastico a Ravenna non convengono alle famiglie, per molte delle quali risultano troppo pesanti sul proprio bilancio mensile. Basta avere un reddito ISEE superiore a 6.000 euro per pagare, nelle scuole dell’’infanzia, da 78,77 euro fino a 151,77 mensili, e nelle scuole per più grandicelli da 4,03 euro a 7,20 per singolo pasto. Lista per Ravenna ha più volte dimostrato come il prezzo pagato dal Comune alla CAMST, appaltatrice da sempre del servizio, sia tra i più elevati in assoluto, per via di gare d’appalto, da noi fortemente contestate, che ostacolano la concorrenza. Nelle gare “europee” per gli anni dal 2007 al 2016 e dal 2016 al 2025, CAMST ha concorso solitariamente, nonostante i valori a basta d’’asta dell’’appalto siano stati rispettivamente di 46,736 e 65,505  milioni di euro.

Per quanto sopra esposto e argomentato, si chiede al sindaco se ritenga di predisporre una modifica del regolamento comunale del servizio di ristorazione scolastica, nel senso di consentire agli alunni il consumo, nei locali in cui si svolge la refezione scolastica, di cibi diversi da quelli forniti dalla ditta appaltatrice del servizio, riservando all’’apparato dirigenziale, titolare delle funzioni gestionali dell’’amministrazione comunale, di definirne le modalità.