“Il 6 aprile l’annuncio del sindaco. Il 20 aprile l’esibizione di due assessori, immortalata appena dopo sui giornali. L’evento il sopralluogo compiuto all’area pinetale di Marina Romea abbattuta, per un rettangolo di 7.700 metri quadri, da autori e mandanti ancora (ufficialmente) ignoti. L’obiettivo dichiarato “progettare gli interventi necessari a ripristinare gli habitat distrutti”. Urgenza nessuna. I lavori, se va molto grassa, in autunno. L’obiettivo è giusto, le dichiarazioni e l’esibizione inopportune. Sono infatti svariate le domande a cui Michele de Pascale avrebbe dovuto e dovrebbe rispondere” la critica è di Alvaro Ancisi, capogruppo di Lista per Ravenna in consiglio comunale.

Dal 2016, la pineta di cui è parte la zona disboscata è di proprietà del Comune, che l’ha acquisita dai convenzionari del progetto comunale teso a lottizzare, per un impianto di golf, un’area di 163 ettari posta tra Marina Romea e Casal Borsetti. Il Comune l’ha poi affidata in custodia a loro. Secondo testimonianze, il lavoraccio di “Distruzione o deturpamento di bellezze naturali” (art. 134 del Codice penale), compiuto da un’impresa edile, su richiesta altrui, alla luce del sole, sotto gli occhi del villaggio di 126 capanni confinante, è terminato nell’ultima settimana di gennaio. “Un dirigente del Comune se n’è accorto solo nella prima settimana di marzo, facendone subito (a suo merito) segnalazione ai Carabinieri Forestali, che hanno subito sequestrato l’area. La Giunta de Pascale, molto stranamente, non ne ha dato alcuna informazione pubblica. Perché? Cosa c’era da nascondere? A tutt’oggi non c’è un atto del Comune volto ad accertare le responsabilità di chi non ha vigilato sull’accaduto, nonostante nell’atto notarile sia scritto che sono sollevati “l’Amministrazione Comunale e i suoi uffici da qualsiasi responsabilità derivante dall’area ceduta, fino alla definitiva presa in carico”. Responsabile di prolungata mancata vigilanza nessuno?” si chiede Ancisi.

“Siccome il diavolo non fa i coperchi, ci ha pensato il sottoscritto, il 23 marzo, a far scoppiare la notizia pubblicando l’interrogazione “Rasa al suolo a Marina Romea un’area di pineta protetta”, a cui il sindaco, passati i 30 giorni di legge, non ha ancora risposto. La corretta trasparenza è una gran cosa anche a beneficio delle indagini giudiziarie. I seguenti pubblici commenti all’interrogazione (che ho girato a chi di dovere) avevano già indicato una possibile pista: “…se fosse scoppiato un incendio, che fine avrebbero fatto i 126 capanni in legno della coop. Capannisti?”; “I parcheggi ci vogliono se no si parcheggia sulla strada”. Ma il 6 aprile ho dovuto addirittura mandare un esposto al Gruppo Carabinieri Forestali di Ravenna, per consegnare loro la copia, ricevuta in confidenza, del messaggio mail con cui la Cooperativa Capannisti aveva scritto, il 20 febbraio, ai propri associati: “[…] si informa che è stata eseguita la pulizia esterna dell’area dei capanni fronte pineta, al fine della sicurezza del villaggio da eventuali e possibili incendi boschivi”. Perché no, allora, un parcheggio? Tutti sicuri che il Comune non avrebbe detto niente?”

Parcheggio è forse la parola chiave secondo Ancisi. L’esposto espone, in effetti, anche il seguente fatto del 3 aprile, quando il Comune di Ravenna approva il progetto di “fattibilità di un intervento per zona sosta legata al Parco Marittimo Lidi Nord”, contenente un parcheggio da 56 posti, “collocato, incredibilmente, in una zona della stessa pineta quasi attaccata a quella devastata e posta sotto sequestro” fa notare il capogruppo. “Non più 770 metri quadrati di pineta, ma 3.000, progetto stavolta a carico del Comune per circa 200/250 mila euro. Assurda la “ragione”, scritta nel “Documento di fattibilità”: l’area “è stata valutata idonea alla realizzazione dell’area di sosta in quanto, in maniera impropria, risulta già utilizzata come area a parcheggio. […]. Nel momento del trasferimento della proprietà al Comune di Ravenna la custodia di tutte le aree cedute è stata lasciata all’intestatario del comparto ‘Casalborsetti-Golf. […]. L’uso improprio dell’area (a parcheggio) purtroppo è conseguenza della mancata custodia che dal 2016 ha consentito l’accesso veicolare nella radura”. Perché allora il Comune non provvede “a ripristinare gli habitat distrutti”, come vuol fare, lì a due passi, nell’area gemella? Come mai, in un ambiente naturale protetto di sua proprietà, è sorto e prosperato per sette anni un parcheggio auto abusivo e vandalico, senza che se ne sia mai accorto, se non al momento di farci un vietatissimo e impossibile maxi parcheggio? Chiedere i danni a chi l’ha permesso senza batter ciglio no?
Ci sarebbero già i presupposti per sottoporre a sequestro preventivo (art. 321, primo comma, del codice di procedura penale) anche quest’area” conclude Ancisi.