Il tribunale di Bologna ha dato ragione alla Slc Cgil di Ravenna, accogliendo il ricorso di una portalettere che, dichiarata permanentemente inidonea al servizio, era stata trasferita al “nodo di rete” del capoluogo regionale, a circa 80 chilometri da casa.

A nulla sono valsi i rilievi eccepiti da Poste Italiane, l’azienda è stata condannata anche al pagamento delle spese di giudizio.

“Siamo molto soddisfatti – commenta Saverio Monno, segretario generale della Slc Cgil di Ravenna – . É una sentenza che rende giustizia alla lavoratrice, imponendo la riassegnazione della stessa all’ufficio di Ravenna. É una sentenza che censura l’illiceità di una prassi aziendale già sanzionata da precedenti ordinanze e irrobustisce le ragioni dello sciopero delle prestazioni straordinarie, proclamato in tutto il territorio regionale da Slc Cgil e Uilposte dallo scorso 7 febbraio e sino al prossimo 1 marzo”

Monno parla di “pratica odiosa di Poste Italiane che, pur non rispondendo ad alcuna preventiva valutazione o esigenza organizzativa dell’azienda, interessando, il trasferimento illecito, lavoratrici e lavoratori con patologie e fragilità, sortisce l’effetto di aggravarne il disagio. Per inquadrare meglio la questione occorre però guardare al contesto più generale in cui versa l’azienda del Tesoro e CDP. Poste, infatti, sta provvedendo, ormai da alcuni anni, a un progressiva e sistematica riduzione del personale in organico attraverso il blocco del turn over, e questo, per ammissione dell’azienda stessa, sta avvenendo ‘in vista di una riorganizzazione che deve essere ancora definita ed implementata’. Tutto ciò, aggiungiamo noi, con le inevitabili, e tristemente note, ripercussioni sulla qualità dei servizi agli sportelli oltre che nel recapito, un insostenibile aggravio dei carichi di lavoro e un notevole e generalizzato peggioramento delle condizioni della vita lavorativa”.

Monno si sofferma sul caso oggetto della sentenza: “Nel caso di specie, mentre si rappresentava alla lavoratrice, già trasferita a Bologna, che non c’era altra soluzione, perché ‘a Ravenna non c’è posto’, nella provincia romagnola si registrava ben altra realtà: a fronte, infatti, di una originaria applicazione nei 5 Centri di distribuzione del territorio provinciale di Ravenna di 46 addetti alle lavorazioni interne, da dicembre 2020 si sono registrati circa una decina di pensionamenti (di cui 4 proprio nel centro di distribuzione di Ravenna). A queste cessazioni si sono aggiunte ulteriori 14 uscite, sempre per pensionamento, sempre senza turn over. Un quadro disastroso. In tanti avrebbero salutato l’inserimento della collega con entusiasmo. Invece per la gestione delle quotidiane criticità organizzative si è preferito impiegare, persone adibite ad altre mansioni e si è fatto ricorso allo straordinario. Una fotografia che non poteva non suggerire al giudice di sanzionare la condotta aziendale”.

Monno riflette sull’attuale situazione di Poste Italiane: “Per preparare la strada a una non meglio precisata velleità organizzativa si è ritenuto di gettare le basi per un sistematico depauperamento degli organici. Negli Uffici postali gli addetti sono chiamati continuamente a smaltire file interminabili restando ben oltre l’orario di lavoro, trovandosi anche in situazioni spiacevoli dove purtroppo solo l’intervento delle forze dell’ordine, riesce a calmare gli animi di una clientela inferocita. Nei Centri di recapito e di smistamento, neanche il massiccio ricorso a personale precario consente il rispetto dei tempi di consegna previsti per la clientela, con conseguente giacenza di prodotto e l’aumento dei disservizi. Insomma il pronunciamento, intervenuto nei giorni scorsi, fa morale – conclude Monno – rende giustizia, come dicevamo. Viene, però, solo da dire che il meno è fatto. La strada è lunga. Non ci fermiamo qui, proseguiremo la nostra mobilitazione”.