Non dovrebbe passare sotto silenzio a Ravenna il comunicato del gruppo Hera sull’assemblea dei suoi soci, avvenuta mercoledì scorso, che ha suscitato scalpore altrove, in Emilia-Romagna. Il Comune di Ravenna, tramite la sua “cassaforte” di Ravenna Holding, è infatti uno dei soci di Hera con le maggiori quote azionarie, tanto da eleggere sempre nel suo consiglio di amministrazione un politico ravennate. Dal 2014 è Danilo Manfredi, già capogruppo del PD in consiglio comunale, poi segretario comunale del partito fino a tutto il 2013, candidato alla segreteria provinciale alla fine di quell’anno, ma sconfitto dal suo rivale Michele De Pascale. Suo stipendio oltre 60 mila euro.

Lo scandalo maggiore di questa assemblea Hera è stato però la notizia, resa evidente in quella sede (https://www.gruppohera.it/gruppo/corporate_governance/politiche_remunerazione/remunerazione_consiglieri/), che nell’attuale tragica epoca pandemica, mentre amministratori e dirigenti di numerose aziende italiane e straniere, anche molto maggiori di Hera, rinunciano o rinviano all’anno successivo buona parte dei loro emolumenti, la governance di questa continua ad aumentarseli, a cominciare dai più alti vertici.

Nell’aprile 2014 il presidente esecutivo di Hera Tomaso Tommasi di Vignano polemizzò con l’allora presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, affermando di “non sentire il bisogno di abbassarsi lo stipendio”, allora pari a 457 mila euro l’anno. Adesso sappiamo che, se nel 2018 ne aveva incassato 557.955, nel 2019 sono stati 562.448. Non sentirà il bisogno di tagliarli almeno fino al 2023, quando, compiendo 76 anni, scadrà il suo secondo mandato. Eclatante il quasi raddoppio dell’amministratore delegato di Hera Stefano Venier, che dai 578.269 euro del 2018 è asceso nel 2019 a 952.35.

Hera è di fatto un ente pubblico, in mano ai 118 Comuni soci del suo patto di sindacato, bastione inespugnabile di quelli dell’Emilia-Romagna a marca PD.

Il blog “La Bottega dei Barbieri” ne parlava così, questo 19 aprile, da Reggio Emilia: “ Le poltrone nel consiglio di amministrazione della multiutility miliardaria Hera spa sono molto ambite. Il colosso Hera dei servizi pubblici locali (di fatto in regime di monopolio) legati ad acqua, rifiuti ed energia è un fortino del potere del PD, che continua a perpetrare un sistema di potere intoccabile. Il PD è davvero ‘meraviglioso’ nel continuare a detenere il controllo degli autentici centri di potere – come Hera – del territorio regionale (e non solo). Hera è il gruppo industriale – circa 9.000 dipendenti – che, con 7,4 miliardi di euro di fatturato nel 2019, domina i settori dei servizi pubblici locali di acqua, rifiuti, gas, energia, illuminazione pubblica in 330 Comuni, servendo 4,3 milioni di cittadini-clienti in Emilia-Romagna, Marche, Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Toscana. Con la nascita di Hera nel 2002, poi quotata in borsa nel 2003, la qualità dei servizi ambientali erogati è peggiorata, le tariffe dei servizi sono aumentate. La società è gestita sulla base di interessi prettamente economici e finanziari, facendo business sull’attività di incenerimento dei rifiuti”, eccetera.

Ne vogliamo parlare un po’ anche a Ravenna, che è quasi La Mecca del PD, non a caso sede stabile della sua Festa nazionale?