“ENI sa da anni e da anni spende volentieri tanti soldi per continuare a fare business as usual. E questo nonostante abbia consulenti scientifici che da altrettanti anni abbiano previsto in maniera estremamente accurata le conseguenze di questo business as usual.

Il cambiamento climatico ha origine dalla emissione di gas climalteranti che creano il cosiddetto effetto serra. Questo oramai lo sanno tutti. Tra i gas climalteranti svolge un ruolo cruciale la CO2. E anche questa è cosa ben nota. Il legame tra la produzione di energia ottenuta bruciando prodotti fossili e la produzione di CO2 dovrebbe essere altrettanto nota ma trova meno diffusione. Così come che anche il gas metano sia un fattore climalterante come la CO2. Più o meno note che siano, queste informazioni sono finalmente diventate disponibili globalmente solo da pochi anni nonostante fossero da tempo certezza scientifica. Il ritardo ha prodotto un costo enorme in termini di salvaguardia dagli eventi estremi ma è dipeso da una sua ben ovvia ragione. E questa è strettamente correlata al fatto che le grandi aziende di estrazione, raffinazione e commercializzazione di prodotti come petrolio, metano e affini intendono continuare i loro affari nonostante ciò che comporta per la sopravvivenza stessa della specie umana. Si sa da tempo, infatti, grazie ad alcuni studi ben documentati e diffusi a livello internazionale, delle campagne messe in atto dalle multinazionali del fossile per nascondere, negare o, almeno, sminuire la propria responsabilità nei danni globalmente arrecati dalle loro produzioni. Exxon, Shell, TotalEnergies sono solo alcuni dei nomi che stanno dietro a quella strategia detta “del tabacco” in quanto copiata pari pari dalle multinazionali del fumo. Queste ultime hanno condotto una campagna di disinformazione per occultare il legame tra il fumo, la dipendenza che ingenera e le conseguenze sotto il profilo della salute. La lobby del fossile, a sua volta, ha messo in atto per decenni campagne sul clima che impedissero di ricollegare le conseguenze indotte dal vincolo esistente tra il proprio prodotto, petrolio o gas che fosse, e l’aumento delle emissioni.

Oggi, da una ricerca realizzata e diffusa da Greenpeace e ReCommon intitolata “ENI sapeva”, si può annettere anche il cane a sei zampe tra le multinazionali che hanno adottato la strategia “del tabacco”. ENI sapeva, dunque, almeno dagli anni “70 del secolo scorso, come dimostrano i risultati della ricerca condotta sui dati in possesso, in quegli stessi anni, del cane a sei zampe. Di poco successive sono le prime campagne pubblicitarie che promuovono per ENI il gas naturale, pur conoscendone la natura di gas climalterante per il pianeta, descrivendolo come combustibile “pulito”. Una di queste campagne, forse quella rimasta più impressa in chi la vide all’epoca, partì nella seconda metà degli anni “80, facendo perno sullo slogan “il metano ti dà una mano”. Data agli stessi anni, per esempio, un documento di ENI che mette in luce un ben diverso ruolo del metano: «anidride carbonica, vapore d’acqua, metano, sono sostanze che fanno parte di un ciclo naturale la cui concentrazione d’equilibrio nell’atmosfera ha determinato le condizioni climatiche del nostro pianeta nell’ultima era geologica. La preoccupazione degli scienziati è rivolta alla modifica di questo equilibrio in seguito all’enorme sviluppo della domanda di energia e, quindi, del consumo di combustibili fossili che ha caratterizzato il passaggio dall’era preindustriale all’era industriale. In generale gli scienziati concordano su un “global warming”, cioè su un probabile aumento della temperatura dell’atmosfera. Sull’entità di tale aumento e sulle sue conseguenze in termini di variazioni del clima, i pareri sono ancora molto discordi. È opinione comune che sia molto importante “guadagnare tempo” in modo da affinare i complessi modelli di previsione e individuare le soluzioni più opportune. Guadagnare tempo significa limitare, per quanto possibile, l’incremento della emissione di CO2» (da “ENI sapeva”: ECOS per ENI, luglio/settembre 1988). La strategia comunicativa “del tabacco, per quanto vi si sia unita una abbondante dose di greenwashing, non ha più abbandonato ENI. In particolare ENI continua ancora oggi a dipingere come meno inquinante il gas metano nonostante ciò confligga con i dati che ne fanno oramai la componente che maggior peso ha conquistato nelle emissioni di gas serra.

Come Ravenna in Comune vogliamo allora calare in sede locale i risultati di questa ricerca rappresentando una volta in più il ruolo della politica e dei politici nella nostrana strategia “del tabacco”. Le posizioni del centrosinistra e in particolare dei repubblicani, del partito democratico e di esponenti come i vari Mingozzi e Fusignani ma anche, ovviamente, lo stesso Sindaco de Pascale sono ben chiare e note. Citiamo solo come esempio un passo della campagna “A Ravenna si può” che rappresenta il programma elettorale per la rielezione di de Pascale nel 2021:

«È necessario favorire una transizione governata rispetto alle attuali modalità di produzione di energia particolarmente importanti a Ravenna e centrate in primo luogo sul ruolo del gas naturale, che presenta un impatto ambientale più contenuto».

Come scrivono Greenpeace e ReCommon «La responsabilità di ENI sulla crisi climatica è conclamata. ENI infatti è responsabile a livello globale di un volume di emissioni di gas serra superiore a quello dell’intera Italia, essendo così uno dei principali artefici del cambiamento climatico in atto. Inoltre, come ricostruito in questo rapporto, ENI e le altre compagnie petrolifere sono consapevoli da oltre cinquant’anni dell’impatto che le loro attività hanno sul clima, tanto da mettere in atto strategie di lobby e di greenwashing per occultare le proprie responsabilità». Come Ravenna in Comune possiamo solo aggiungere la complicità consapevole della politica nazionale ma anche di quella locale nella sponsorizzazione di quella enorme bufala rappresentata dalla storiella che il gas metano sarebbe energia pulita per la transizione. E se, come scrivono Greenpeace e ReCommon, ENI e i Governi nazionali «sono responsabili nei confronti dei cittadini italiani per danni alla salute, all’incolumità e alle proprietà, nonché per aver messo, e aver continuato a mettere, in pericolo gli stessi beni per effetto delle conseguenze del cambiamento climatico», la stessa responsabilità grava su de Pascale e i suoi sodali.

ENI sapeva. Ora anche Ravenna non può dire di non sapere. Non ci sono più scuse per nessuno.”