Nel più vergognoso silenzio dei colpevoli è iniziata la demolizione dell’ultima Torre Hamon ancora integra. Come nella maggior parte delle brutte storie che hanno macchiato questa Città e questo Comune i colpevoli sono molti e le responsabilità hanno tanti papà e mamme. Tace il Governo che finanzia con denaro pubblico, i nostri soldi, la demolizione. Tace la Soprintendenza da cui ci si sarebbe aspettato un intervento: altrimenti a che serve? È stata sollecitata da associazioni e singoli ma ha continuato a fare il pesce in barile. Tace anche il Comune. Dopo aver parlato, anche a vanvera, Sindaco e Assessora all’Urbanistica hanno scelto il mimetismo, scomparendo dai luoghi istituzionali per rifugiarsi… dove? Non c’è posto in cui potranno nascondersi e farsi dimenticare, un Sindaco con già la testa rivolta alla sostituzione di Bonaccini ed un’Assessora capace solo di dire sì al suo capo. Tace anche l’ENI, dopo aver magnificato quella bonifica eseguita al risparmio delle aree ex Sarom grazie alla quale nessun terreno sarà mai più fruibile dal pubblico nonostante il carissimo prezzo di acquisto da parte di quello stesso pubblico.

E tace pure l’Ente Porto, anche questa volta il villain che meriterebbe di stare sotto i riflettori e che, invece, si è fatto di nebbia. Dov’è finito quel Daniele Rossi a cui si devono, come altre volte, commenti memorabili? A suo tempo si era lasciato andare a un discutibile «Non si può stravolgere il diritto e dare fastidio a un ente per qualche gabbiano morto» mentre la Procura lo accusava di essere rimasto inattivo nella vicenda della Berkan B inabissatasi in Piallassa Piombone. Poi aveva garantito: «Da quanto mi risulta non ci sono depositi di nitrato di ammonio nei porti italiani», dopo l’esplosione di Beirut, anche se, proprio a Ravenna, il deposito c’era (e c’è tuttora), eccome! Questa volta, riguardo alle Torri Hamon, ha dato probabilmente il “meglio” di sé con piglio da egittologo: «Non stiamo parlando delle piramidi».

È quel Rossi a cui si deve una sostanziale autodenuncia come principale artefice della distruzione delle Torri Hamon, seppur in buona compagnia di numerosi complici. Ancora prima del comunicato ufficiale del Sindaco, era stato proprio Rossi, infatti, il 25 marzo a preannunciare l’imminente abbattimento annunciando l’installazione di pannelli solari nell’area ex Sarom: «l’area dove sorgerà l’impianto verrà sgomberata e ripulita per renderla compatibile con la sua realizzazione». E se qualcuno poteva avere dei dubbi su cosa intendesse per “sgomberare” e “ripulire”, aveva aggiunto subito prima di Pasqua: «Se Eni afferma che le condizioni delle torri Hamon sono precarie, lo fa certamente a ragione. Da parte del nostro ente c’è il dovere di acquisire beni su cui non insistano problemi di sicurezza». Insicurezza mai dimostrata da ENI e calcinacci caduti ma solo nelle parole di ENI: queste le “prove” citate da Rossi!

L’AdSP è un soggetto interamente pubblico che acquisterà con soldi interamente pubblici un terreno già detenuto da una società controllata dallo Stato e che pertanto diventerà interamente pubblico: demanio dello Stato. Ciò che vi insistesse sopra diventerà anch’esso di proprietà dello Stato, perché il Diritto è chiarissimo in proposito: Quidquid inaedificatur solo cedit, vale a dire che tutto ciò che sorge sul terreno appartiene al proprietario di quest’ultimo. L’Ente Porto, soggetto pubblico, ha tra i propri compiti fondamentali (art. 6, co.4, lettere ”b” ed “e”, L.84/1994 e s.m.i.) “l’amministrazione in via esclusiva delle aree e dei beni del demanio marittimo ricompresi nella propria circoscrizione” e la “manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell’ambito portuale”. Vale a dire che il suo compito fondamentale sarebbe stato acquisire e manutenere le Torri Hamon, o almeno ciò che ne resta, che insistono sul terreno che pagherà circa 8 milioni di euro dei 10 e mezzo complessivamente ricevuti dallo Stato per realizzare un parco fotovoltaico. Invece il Presidente dell’Autorità Portuale ha deliberatamente preteso di comprare un terreno libero dalle Torri Hamon arrecando con ciò un danno enorme alla Città. Ed ha ottenuto di poter perseguire questo vergognoso obiettivo con la fattiva collaborazione o, quanto meno, l’indifferenza complice di Governo, Soprintendenza, ENI e, soprattutto, Comune di Ravenna. Tutti soggetti la cui esistenza sarebbe finalizzata al soddisfacimento delle esigenze di quella collettività di cui, invece, si sono fatti ancora una volta allegramente beffe.

Guido Ceroni, che ben conosce sia l’Amministrazione Comunale che quella Portuale in quanto già Assessore Comunale e poi Segretario Generale e Direttore Operativo dell’Autorità Portuale di Ravenna, ha osservato: «Trovo che non sia né corretto né “educativo” il fatto che di punto in bianco, senza alcuna traccia di informazione – non dico discussione – un intervento così radicale sia stato posto in atto, impedendo qualsiasi altra reazione se non la presa d’atto. Quali siano stati e siano i ruoli di enti e soggetti pubblici e privati, quali gli eventuali margini di confronto, di trattativa per evitare la demolizioni delle torri, quali i livelli di compatibilità fisica ed economica con l’obiettivo (encomiabile e prioritario) di realizzare un parco fotovoltaico, sono del tutto ignoti. È possibile che i costi di messa in sicurezza e di restauro fossero esorbitanti e incompatibili? È possibile che fisicamente fossero incompatibili col distendersi del parco? È possibile che non ci fossero vincoli storici conservativi. Forse. Ma chi lo sa? Chi ha messo preventivamente le informazioni a disposizione dei cittadini? Non mi pare che si sia attivato alcun canale di comunicazione tra la proprietà e le Istituzioni più o meno direttamente coinvolte perché ciò accadesse. Ciò non mi pare positivo».

Come Ravenna in Comune riteniamo che da queste considerazioni si debbano trarre conseguenze più radicali rispetto ad una pacata critica, altrimenti non se ne esce. Questa volta è toccato alle Torri Hamon, la prossima volta a cosa dovremo rinunciare? A qualche tratto delle mura cittadine? Dopo tutto ne sono rimaste sin troppe. A Casa Ghigi? Nient’altro che una vecchia abitazione in stato di abbandono. Alla basilica di legno della Darsena? Quattro legni in croce. Al Sigarone? Come ha ricordato la proprietà: «Se si potesse demolire sarebbe uno spazio fantastico». È giusto ricordare che nessuna di queste è un’opera d’arte o un monumento Unesco: si tratta di opere di difesa, di fabbricati civili, di opifici. E, soprattutto, non si tratta di piramidi! Si devono considerare a rischio demolizione?

La cittadinanza di Ravenna merita di essere sollevata il prima possibile dalla presenza di persone come Daniele Rossi, presidente dell’AdSP-MACS e come Michele de Pascale, sindaco e presidente della Provincia. Per questo abbiamo chiesto le loro dimissioni. Certo non ci rammaricheremo quando saranno, speriamo il prima possibile, sostituiti sia loro che tutti gli altri figuri citati più sopra e ci faremo parte attiva perché ciò, auspicabilmente, non tardi ulteriormente. Come Ravenna in Comune, inoltre, ci impegniamo a mantenere viva la memoria dei guasti da loro compiuti nel presente, perché servano almeno da monito per evitarne di futuri: “Vergogna!!!”.” 

Ravenna in Comune