A partire da settembre scorso, la crisi della pesca delle vongole in Emilia-Romagna è stata ufficializzata dalla Regione, che l’ha certificata chiedendo, per fronteggiarla, l’attivazione del fondo nazionale di solidarietà. Un’estesa morìa, dovuta alla condizione ambientale delle nostre acque, ha infatti colpito tra l’80 e il 90 per cento dell’intero stock di vongole, provocando gravi sofferenze ai pescatori, soprattutto nell’area tra Ravenna e Cesenatico, più fortemente colpita. Si aggiunge, nel territorio del comune di Ravenna, lo stato di degrado della pialassa Baiona, dov’era fiorente l’uso civico della pesca di questi pregiati molluschi, oggi falcidiata dal saccheggio rapinoso operato da pescatori abusivi senza scrupoli provenienti generalmente da fuori provincia.

Ci ha dunque stupiti la notizia che, senza nulla far sapere pubblicamente, la Regione, competente sul demanio fluviale, abbia concesso ad una cooperativa di pescatori di Comacchio l’esercizio di un allevamento intensivo delle vongole veraci in un tratto del fiume Reno situato nel territorio del comune di Ravenna, per l’intero ciclo della semina (in febbraio-marzo), della crescita e della pesca (tra settembre e novembre). Stessa concessione, avendo compiuto l’iter istruttorio, sta per essere accordata alla stessa cooperativa nelle acque del fiume Lamone, anch’esse in territorio ravennate. Entrambi i progetti sono approvati a titolo sperimentale e per la durata massima di tre anni, rinnovabile a seguito delle eventuali valutazioni positive da parte della Regione.

Dovranno essere formulate e fatte rispettare dagli enti competenti (Parco del Delta del Po, Agenzia per la Prevenzione e l’Ambiente-ARPAE, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, AUSL) tutte le prescrizioni necessarie per la tutela di luoghi e di habitat protetti, nonché dell’igiene pubblica. A questa condizione, si può convenire sull’utilità di tali “sperimentazioni”, a sostegno economico e produttivo di una pesca tipica del litorale emiliano-romagnolo molto apprezzata. Trattandosi dell’uso a scopo redditizio di un bene patrimoniale pubblico, non è stato però corretto non avere effettuato alcuna procedura ad evidenza pubblica, tramite cui altre imprese del settore, in genere cooperative, avrebbero potuto manifestare il proprio interesse alle concessioni. Al di là della lesione di un principio giuridico normalmente non derogabile, si pone tuttavia il problema di valutare, con pari trattamento, eventuali analoghi progetti di altre cooperative del settore.

Chiedo al sindaco se intende attivarsi allo scopo, essendo peraltro incomprensibile che il Comune di Ravenna sia stato estraneo alle vicende amministrative in oggetto.