“Poniamo il caso di una persona anziana residente a Ravenna, che vive in un appartamento grandino, una volta insieme a coniuge, figli e/o altri familiari, oggi purtroppo sola. Se viene ricoverata in una casa di cura o di riposo, non paga per niente la quota variabile della TARI, essendo l’alloggio occupato da zero persone. Se invece muore, la figlia erede, anche lei ravennate, paga per 6 persone. Il fatto fu sollevato da Lista per Ravenna sulla TARI 2021, ma è rimasto tale. Casi come questi sono tanti, anche perché, con alloggi vuoti più piccoli, si paga per un minor numero di persone in proporzione alla minore grandezza dell’alloggio. Abbiamo in mano le bollette da 406 e 424 euro di due figlie eredi dell’alloggio di un genitore solo in casa, che ne pagava un centinaio. Secondo le risposte alle spiegazioni richieste sia agli amministratori politici che ai funzionari competenti, così impone il regolamento TARI del Comune di Ravenna in ossequio alla legge nazionale. Convinto che in ogni caso si tratterebbe di un furto legalizzato, sono andato a guardarci meglio, col seguente risultato.

 

REGOLAMENTO DI RAVENNA FUORI LEGGE 

Riguardo ai rifiuti domestici, di cui stiamo parlando, la legge rapporta la quota fissa alla superficie dell’alloggio e al numero di chi lo abita, facendo pagare di meno le famiglie con alloggi più piccoli e con numero di utenti più alto. Collega invece la quota variabile solo al numero degli occupanti, non ai metri quadrati dell’alloggio (vedi: Dipartimento delle Finanze: “Disciplina della TARI”). Senso fondamentale è che la quota variabile si applica in proporzione alle quantità dei rifiuti conferiti da ogni utenza, al momento presunta in base al solo numero delle persone che la compone. Il regolamento del nostro Comune ha contraddetto questo caposaldo legislativo, distinguendo gli utenti domestici residenti nel territorio comunale da quelli non residenti, penalizzati gravemente. Al riguardo, il Consiglio di Stato aveva già annullato, con sentenza n. 4223/2017 (allegata), il regolamento rifiuti adottato da un Comune veneto, che fissava tariffe diverse e maggiori per le utenze domestiche dei non residenti rispetto a quelle applicate ai residenti. Allora era ancora in vigore la TIA, i cui princìpi sono però applicabili anche alla TARI, essendo entrambe finalizzate a consentire la copertura dei costi del servizio rifiuti, e non già a tassare i redditi o il patrimonio delle persone. Tanto è vero che hanno disposto dichiaratamente allo stesso modo sia la Commissione Tributaria Regionale della Toscana (con sentenza n. 22 del 2022), sia il TAR di Lecce (con sentenza n. 1673 del 2022). 

Il Comune di Ravenna si è inventato che per ogni alloggio non occupato da residenti viene assunto come numero degli occupanti non quello reale, ma quello fissato dalla tabella B del regolamento, basato sulla metratura dell’alloggio. Per esempio, se l’alloggio supera appena i 50 mq si paga per 3 persone, fino a 6 persone se ne supera 95. Fino a qui il regolamento viola la legge. Contro cui però, per ottenere giustizia, gli interessati devono rivolgersi al TAR, o se no, con poca spesa, alla Corte di Giustizia Tributaria di Ravenna. 

 

CITTADINI RAVENNATI TASSATI COME “NON RESIDENTI” 

Ma la stortura più grave e allucinante è l’applicazione del regolamento stesso nel caso, ormai frequente, di famiglie residenti a Ravenna composte da una persona rimasta sola in un appartamento diventati grande per lei, antiquato e malandato, con irregolarità, fuori norma. Se muore e l’alloggio resta vuoto, anche perché difficile da vendere e da affittare, scatta la tabella B, e quindi l’erede paga una quota variabile che non gli spetta, fino a dover pagare per 6 occupanti fantasma e relativi rifiuti. Questo anche se l’erede è residente nel Comune di Ravenna, per cui non si tratta di un’utenza domestica non residente, bensì residente, come qualsiasi cittadino di Ravenna proprietario e detentore di un alloggio oltre a quello in cui vive. 

Per questi casi, il problema non è il regolamento, ma la sua insensata applicazione. Sta al Comune correggersi. Se non lo fa, chiunque può diffidarlo. Ma se continua a non correggersi ci si può rivolgere, gratuitamente e senza avvocato, alla Procura della Repubblica, perché verifichi se sia stato commesso il reato penale di rifiuto di atti d’ufficio. Questo qui è già un primo grossolano avviso, che Lista per Ravenna è intenzionata, se necessario, a perfezionare, e comunque a non lasciar perdere.”