Esiste dal 2006 la rete RE.A.DY costituita da pubbliche amministrazioni con obiettivo di “collaborazione fra enti locali e istituzioni impegnati a individuare e a diffondere culture e politiche delle differenze e a sviluppare azioni in contrasto delle discriminazioni nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali e trasgender (LGBT)”. Il 17 luglio scorso, la giunta comunale di Ravenna ha deliberato di aderire a tale rete. L’obiettivo come sopra asserito è conforme al principio universale di non discriminazione delle persone sulla base dell’orientamento sessuale, sancito da dichiarazioni internazioni e nazionali vincolanti per lo Stato italiano, tra cui la Dichiarazione universale dei Diritti umani adottata dall’ Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948, la risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia del 2006, la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, il trattato di Amsterdam del 1997 e la Costituzione italiana all’art. 3. Tuttavia, modalità e contenuti dell’anzidetta deliberazione suggeriscono le seguenti considerazioni.

  • Potendo scegliere, a norma della stessa Rete READY, di aderirvi con deliberazione della Giunta comunale o del Consiglio comunale, la Giunta comunale stessa ha optato di farlo da sé, in seduta chiusa al pubblico e in forma riservata, ritenendo dunque che tale decisione, di notevole interesse per l’intera comunità ravennate, dovesse essere assunta dalla sola maggioranza del corpo elettorale, evitando il confronto con la minoranza consiliare, che pur ne rappresenta il 47,5%, e comunque ogni confronto pubblico.
  • Aderendo alla Rete READY, il Comune ne sottoscrive la “Carta di Intenti” (allegata), in massima parte condivisibile. Sta di fatto però che alcuni enti pubblici, già da anni aderenti, tra cui la Regione Friuli-Venezia Giulia, se ne sono di recente ritirati, non condividendo in particolare gli interventi di educazione sessuale effettuati nelle scuole, “campo in cui si dovrebbe privilegiare l’autonomia educativa della famiglia” (così il Comune di Piacenza).
  • Più che dei nobili fini dichiarati dalla Rete READY, si discutono dunque talune sue iniziative in relazione al principio della Costituzione italiana che riconosce essere“dovere e diritto dei genitori…istruire ed educare i figli” (art. 29), in ragione di cui il delicato aspetto dell’educazione sessuale ai minori, tanto più se bambini, non può escluderne la partecipazione e la condivisione dei genitori stessi.
  • Quanto sopra è avvalorato dal fatto che il Comune di Ravenna compartecipa dal 28 marzo scorso, con l’erogazione di 6 mila euro e altri benefici economici, al Progetto di educazione di genere: “Pluriverso di genere e identità plurali”, in corso fino al 31 dicembre prossimo da parte dell’ “Associazione Femminile Maschile Plurale”, domiciliata presso l’ARCI Ravenna.

Ciò premesso, si chiede al sindaco:

  1. come giustifichi l’adesione alla Rete READY senza alcun confronto pubblico e nemmeno consultando la commissione Istruzione-Infanzia e Politiche di genere del consiglio comunale;
  2. riguardo ad alcuni “interventi” disposti dall’art. 7 della “Carta d’intenti” della Rete READY sottoscritta dal sindaco, se intende:
    • disporre che le “azioni informative e formative rivolte al personale dipendente degli Enti partecipanti” (punto e), non potendo rientrare negli obblighi di servizio, siano volontarie e non costituiscano elemento di valutazione delle qualità professionali e personali dei propri dipendenti;
    • disporre che le eventuali attività educative conseguenti alle “azioni informative e formative rivolte al personale impegnato in campo educativo, scolastico…” (punto g), richiedano –  essendo i servizi comunali educativi rivolti a minori della prima e primissima infanzia – il consenso scritto dei genitori dei bambini delle classi interessate, oltreché il loro auspicabile coinvolgimento in fase preventiva.