“Continua il taglio di alberi lungo gli argini, in tutti i fiumi della Romagna, in quello che sembra essere più un rito scaramantico o di sacrificio del capro espiatorio che un’azione di reale efficacia.
Si taglia anche e soprattutto al di fuori dell’alveo, facendo tabula rasa, ad esempio in un parco urbano, come nel parco Baden Powell a Faenza dove tuttora lavorano mezzi per togliere alberi e ‘sistemare’ argine. Oppure ancora peggio, in un’oasi protetta come nell’oasi di Magliano. Per risparmiare sui costi, si appalta il taglio a ditte legate a centrali a biomassa che guadagnano dal cippato e che hanno profitto a tagliare tutto.
Ormai sono però gli stessi tecnici ad ammettere che nessun argine, soprattutto se appena rifatto, sarà totalmente sicuro. Ci vuole tempo per consolidare un argine, alberi e radici hanno un effetto che trattiene la terra e riduce l’erosione, argini senza alberi di sola terra sono friabili, soggetti ad erosione molto più di prima. Eppure usando all’estrema misura un approccio ingegneristico, se si vuole togliere ogni “scabrezza” e ostacolo all’acqua, togliendo quindi alberi e radici, dragando il fondo, non faremo altro che aumentare la potenza e la velocità dell’acqua a valle, mettendo ancora più a rischio i paesi più a valle. Vogliamo quindi mettere il cemento armato da monte a mare sugli argini di tutti i fiumi magari tombandoli dentro un grande tubo per sentirci al sicuro? Basterà?
Ieri la professoressa Bruna Gumiero, ecologa ed esperta di sistemi fluviali, intervenuta nel controvertice ambientalista di Ravenna, organizzato dalla Campagna per il Clima Fuori dal Fossile, e dalla Rete Emergenza Climatica e Ambientale è stata illuminante: “la vegetazione riparia non è mai la causa principale di una inondazione, anzi nella maggior parte dei casi riduce il rischio idraulico e apporta molti benefici ecosistemici. Non dobbiamo velocizzare i fiumi, dobbiamo dargli più spazio, tramite casse di espansione, aree di laminazione, aree di riequilibrio ecologico e boscate”.
Senza alberi i nostri fiumi saranno ancora più inquinati, le falde acquifere si abbasseranno, la siccità più prepotente.
Casse di espansione, aree umide e boscate tutt’attorno al fiume, occorre bloccare la cementificazione, queste sono le uniche cose sensate da fare. Per questo come faenza Eco-logica abbiamo oggi presentato osservazioni contro la urbanizzazione a Castelbolognese in via Biancanigo, in area alluvionata, e ci opporremo ad ogni nuova lottizzazione.
Abbiamo anche sentito dalla stampa che i comitati di alluvionati in regione, hanno proposto, per bocca di Claudio Miccoli, ex dirigente e noto esponente di associazioni venatorie “l’eliminazione dei vincoli ambientali che impediscono di fare una adeguata manutenzione degli alvei, e deroghe per sopprimere animali fossori”. Abbiamo anche appreso che a capo del comitato alluvionati di Ravenna c’è un certo Bertaccini legato ad una società immobiliare (Cpi) che ha acquistato l’area dell’Ortazzo. Sarà sicuramente un caso, ma non vorremmo che con la scusa della “sicurezza idraulica” si tagliassero tutti gli alberi attorno ai fiumi solo per fare un favore alle ditte a biomassa e agli immobiliaristi. I vincoli già attualmente non vengono rispettati, se li togliamo cosa resterà dei fiumi?
La nostra sicurezza sta nel saper convivere con gli ecosistemi fluviali, lasciar loro spazio, fare un deserto e incatenarli in camicie di forza avrà ripercussioni ancora peggiori su tutti noi.”