Il mercoledì sera a Faenza lungo Corso Garibaldi ci sono mercatini, bancarelle, negozi e bar aperti.

Ci sarà anche spazio, mercoledì 23 giugno alle ore 21.00, per la presentazione del libro di Giuseppe Toschi “Il destino dei braccianti – Una storia di uomini e donne nella Romagna del dopoguerra” (Tempo al Libro). Ad accompagnarlo ci sarà Mario Gurioli.

L’incontro si tiene all’aperto: i posti a sedere sono limitati e la prenotazione è obbligatoria al numero 0546 681712.

Giuseppe Toschi è un personaggio molto noto a Faenza. Laureato in Pedagogia, è stato prima insegnante elementare e successivamente dirigente scolastico. Ha ricoperto anche l’incarico di Presidente delle Opere Pie di Faenza e dell’Hospice Villa Agnesina. Ha pubblicato articoli di didattica su riviste specializzate e, con altri autori, ha scritto testi di interesse pedagogico.

Questa volta invece si cimenta nel romanzo, in una narrazione che incontra la storia, quella con la s minuscola, quella fatta da braccianti e scariolanti, manovali e salariati che con la Storia maggiore dovevano fare i conti. In una quotidianità fatta di sfruttamento, fatica, miseria, malattie che intere generazioni di uomini e donne delle nostre terre hanno dovuto affrontare per sudarsi un futuro migliore.

È, quello di Toschi, un romanzo ambientato nella Bassa romagnola, nel periodo in cui l’avanzare dell’industrializzazione toglie alla terra il ruolo di unica risorsa di sussistenza. Personaggi inventati, ma profondamente veri nello spirito, animano le pagine di questo libro raccontando un periodo di transizione da cui partirono, ben prima del Sessantotto, molti cambiamenti culturali e politici.

 

Scrive Annalisa Fabbri nella introduzione al libro: «Sono proprio i braccianti i protagonisti indiscussi di questa suggestiva storia, declinati in ogni loro forma di aggregazione sociale, familiare, affettiva e comunitaria. Tonino e Verbena, Paolo e Romana, coniugi, amici e compaesani, affrontano, ciascuno con la propria dignità, le sfide del momento. Sono gli anni del dopoguerra, della ricostruzione, del faticoso lavoro nelle campagne, dell’orgoglio comunista, della disfatta fascista e della condanna di ogni suo disvalore. La vita della comunità è saldamente legata alla terra, alle colture, alla semina, alla raccolta, alle stagioni. Quella terra tanto amata, a volte bestemmiata, è l’unica fonte di sostentamento per gli abitanti della Bassa e per alcuni, non per tutti, l’unica occasione di riscatto dalla misera condizione di bracciantato».