“Dopo settimane di polemiche sul lavoro stagionale, vorremmo dare qualche spunto di riflessione a chi ha dato risposte sul tema.

Non tutte le imprese sono fuori regola, ma certamente lo sono in numero sufficiente affinché il problema chieda di confrontarci sulla salute dei nostri modelli occupazionali e sul tema del progresso sociale.

Una recente analisi commissionata dagli Enti Bilaterali del Turismo dell’Emilia Romagna, EBTER ed EBURT, tra i principali motivi delle difficoltà di reperimento del personale prevale, secondo la percezione delle imprese, lo scarso adattamento alla flessibilità oraria richiesta, seguita dalla carenza di figure qualificate nonché da una scarsa motivazione di chi cerca occupazione.

Serve però porsi qualche domanda sulle motivazioni per le quali il lavoro stagionale suscita oggi meno attrattiva di un tempo. Sembra infatti che buona parte della politica e degli imprenditori non riesca, o non voglia capire, che la realtà del lavoro sta cambiando a grande velocità. Sono in corso fenomeni, come le grandi dimissioni, che segnano un cambio di passo nell’etica del lavoro condivisa dalle persone e particolarmente da millennials e generazione Z. Misurare la situazione attraverso schemi e categorie vecchi di trent’anni, vuol dire non tenere minimamente in considerazione i mutamenti culturali ed economici del nostro tempo.

In primo luogo, constatiamo la necessità di una soddisfacente conciliazione vita–lavoro frutto della crescente consapevolezza dell’importanza del tempo libero, che sta portando i giovani ad orientarsi verso professioni in grado offrire maggiore flessibilità e possibilità di liberarsi da turni di dodici ore senza giorni di riposo, così frequenti nella riviera.

I giovani si sono inoltre accorti che il rispetto di standard differenti è condizione imprescindibile. A dover essere scardinata è l’idea che lavorare gratis sia lo strumento attraverso il quale affermare la propria professionalità. Le recenti affermazioni fatte da Alessandro Borghese e Flavio Briatore rafforzano questa errata convinzione ormai radicata nel senso comune. Se l’offerta economica posta sul piatto dall’imprenditore si posiziona sotto la soglia della dignità, riteniamo sia legittimo che le persone si spostino nella ricerca di un impiego verso altri settori più remunerativi che garantiscono al contempo maggiore continuità occupazionale.

Altra questione è quella relativa al reddito di cittadinanza, il cui ruolo è costantemente strumentalizzato da parte della politica e dell’imprenditoria per giustificare l’assenza di manodopera. In realtà, il reddito di cittadinanza—diverso dall’indennità di disoccupazione—richiede che l’ISEE del nucleo famigliare interessato sia inferiore a 9.360 euro, e va unicamente ad aiutare chi è situazioni di completo disagio sociale. Affinché la somma venga erogata, tutto il nucleo famigliare deve necessariamente trovarsi in condizioni di estrema povertà.

Affermare che non si trovano lavoratori perché i giovani preferiscono vivere di sussidi significa veicolare un messaggio sbagliato, colpevolizzando chi di colpe non ne ha.

Gli interventi legislativi, richiesti da più parti, dovrebbero essere volti a garantire un maggior controllo delle attività, ma non certamente a promuovere il ricorso all’apprendistato minorile che—anche se

previsto dalla normativa regionale—rimane lo strumento sbagliato se impiegato per sopperire alla mancanza di personale.

Ricorrere a questa possibilità non significherebbe altro che coinvolgere nelle attuali dinamiche di sfruttamento una categoria ancora più vulnerabile, nonché legittimare un sistema fatto di paghe insufficienti e lavoro massacrante.

Per il settore turistico è già previsto un apprendistato professionalizzante riservato ai maggiorenni, con la possibilità di strutturarlo per cicli stagionali come previsto dal CCNL del Turismo. Non troviamo davvero ragione di andare a cercare forza lavoro tra gli under 18.

Confidiamo che la richiesta di attivazione da parte di CGIL CISL UIL di un tavolo con Regione e parti sociali possa individuare strumenti condivisi per salvaguardare e valorizzare l’occupazione del comparto, affrontando temi quali la difesa della legalità, la corretta applicazione dei contratti collettivi e una maggior tutela del lavoro stagionale.

UNIONE ITALIANA DEL LAVORO DELLA PROVINCIA DI RAVENNA