Un impegno concreto della Regione nei processi di pace, fondamentali in tutti i conflitti, come quello ucraino, e per dare un ruolo da protagonista alla “diplomazia civile”, quella messa in campo dalla società, dai cittadini, dalle associazioni e dalle Regioni: attori che costruiscono, ogni giorno, tutti insieme l’Europa. E un rafforzamento del ruolo delle donne nei processi di pace e decisionali. Lo chiede il Pd in una risoluzione a prima firma di Roberta Mori. La consigliera dem impegna l’esecutivo di Viale Aldo Moro “a contribuire a sostenere in tutte le sedi istituzionali di presenza e influenza regionali il rafforzamento del ruolo delle donne nei processi di pace e decisionali, accrescendo le sinergie col terzo settore e la società civile, in ottemperanza alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1325 (2000), all’Agenda ONU Donne Pace Sicurezza e il IV Piano d’Azione nazionale di attuazione (2020-2024)”. La Risoluzione 1325 dell’ONU, infatti, riconoscendo in particolare che le donne e i bambini rappresentano la popolazione più colpita dalle conseguenze di un conflitto e che le donne svolgono un ruolo fondamentale e imprescindibile nella prevenzione e risoluzione dei conflitti, nonché nelle attività di ricostruzione della pace, invita gli Stati membri ad assicurare una maggiore partecipazione delle donne a tutti i livelli decisionali, in particolare nei meccanismi di prevenzione, gestione e risoluzione delle crisi. Inoltre, il report ‘ONU Women and peace and security’, pubblicato a 20 anni esatti dalla Risoluzione 1325, dimostra inequivocabilmente quanto la partecipazione delle donne in negoziati di pace aumenti la sostenibilità e la qualità dei processi. Una delle ricerche più avvalorate, citata dal report, basata sull’analisi di 882 accordi raggiunti in 42 conflitti armati attivi nel periodo tra il 1989 e il 2011, evidenzia che le intese che vedono donne tra i firmatari, sono decisamente più durature, più implementate e contengono in numero maggiore misure mirate a promuovere riforme.

Mori domanda, poi, alla Regione, di “contribuire a ridurre, in raccordo con la rete istituzionale, associativa e civile, gli effetti e l’impatto dei conflitti sulle donne ed i bambini, sostenendo la partecipazione delle donne nei processi di prevenzione, mitigazione e risoluzione del conflitto, così come nei processi decisionali, promuovendo la parità di genere, l’empowerment e la protezione nelle aree di conflitto e post conflitto, partendo dalla guerra in Ucraina”. La risoluzione impegna anche la Giunta “a contribuire a promuovere la prospettiva di genere nelle progettualità della cooperazione allo sviluppo e di aiuto umanitario e sostenere le associazioni locali e di donne che operano per la pace e i diritti umani per prevenire e contrastare ogni tipo di violenza e sopraffazione basata sul genere e la violenza sessuale”.

Ma la risoluzione ridisegna anche l’approccio ai conflitti e gli strumenti di pace della Regione, impegnando la Giunta a contribuire alla nascita di “una ‘Conferenza permanente europea per la Pace e i Diritti umani’, per un impiego costante delle relazioni tra i popoli per prevenire ogni forma di conflitto, per trovare soluzioni alternative oggi alla guerra in Ucraina e alle derive autoritarie che minano la pace in Europa, violano diritti umani e mettono a rischio la sicurezza umana e la democrazia”. Mori chiede anche all’esecutivo di istituire “in Emilia-Romagna ‘un Comitato regionale permanente per la Pace e i Diritti umani’, che contribuisca a sensibilizzare la comunità regionale e a tutelare i diritti umani quale strumento di prevenzione dei conflitti armati”. Infine la consigliera dem impegna la giunta “a consolidare in Emilia-Romagna l’impegno dell’accoglienza e di empowerment dell’umanità ferita, oppressa e perseguitata come valore universale, con pratiche di sostegno e assistenza rispettose dei vissuti delle persone e della loro dignità, partendo dall’emergenza ucraina”.

Una risoluzione che il Pd intende far arrivare al Governo e all’Europa. Nel documento si chiede, infatti, di consegnarla a “Parlamento europeo, europarlamentari del Collegio nord est, Commissione europea, Comitato europeo delle Regioni, Osce-Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti umani con sede a Varsavia, Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa, Comitato interministeriale dei diritti umani Cidu, Governo italiano, Presidenza della Camera e del Senato, Commissioni parlamentari competenti, Parlamentari dell’Emilia-Romagna e Anci nazionale e regionale”.