Subito dopo la notizia, il 25 novembre scorso, del trasferimento di Matteo Cagnoni, condannato in primo grado all’ergastolo per il femminicidio della moglie Giulia Ballestri, nel carcere di Ravenna,  le Associazioni costituitesi parte civile nel processo, Udi, Linea Rosa, Dalla parte dei minori e la Casa delle donne si sono immediatamente mobilitate con un comunicato stampa  e un “interpello in merito alle ragioni dell’avvenuto trasferimento del detenuto” indirizzato al D.A.P. , al Provveditorato Regionale Emilia-Romagna, ai Garanti nazionale e regionale delle persone detenute, al Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e ai Ministeri interessati. Nell’interpello era scritto: “Chiediamo con la presente di conoscere le motivazioni che hanno portato l’Amministrazione Penitenziaria alla decisione di trasferire il detenuto Matteo Cagnoni presso la Casa Circondariale di Ravenna e, alla luce delle considerazioni sopra esposte, chiediamo altresì che l’Autorità decidente voglia rivedere il relativo provvedimento disponendo il trasferimento del citato detenuto presso altra Casa Circondariale o Carcere o Centro clinico penitenziario idoneo a tutelare e garantire la salute dello stesso, in ossequio al principio di territorialità della pena oltre che di non discriminazione ma, soprattutto, nel rispetto dei diritti delle vittime del femminicidio di Giulia Ballestri: della madre, del padre, del fratello e dei tre figli minorenni, tutti residenti nella città di Ravenna”.

Le stesse Associazioni hanno promosso la fiaccolata del 12 dicembre 2018 “Nè disparità né privilegi. Per Giulia Ballestri. Per una giustizia uguale per tutti e tutte”, cui hanno partecipato moltissimi ravennati. Alla fiaccolata ha fatto seguito una raccolta di firme a sostegno dell’interpello che in poche settimane, solo su change.org, ha raggiunto il considerevole numero di 60.000.

Solo il Garante per l’Infanzia di Bologna ha aperto un fascicolo, riservandosi di fornire un appuntamento dopo l’esito dello stesso.

Nessun altro ha risposto a questo interpello.

Giudichiamo questo silenzio irrispettoso non solo nei confronti delle Associazioni promotrici, ma soprattutto delle 60.000 persone che hanno sottoscritto la petizione; si chiede, pertanto, che il Provveditorato Regionale dell’Emilia Romagna, nella persona del suo Responsabile, voglia ricevere quanto prima le avvocate delle Associazioni promotrici unitamente a una delegazione di firmatarie.

Unione donne in Italia
Linea Rosa
Dalla parte dei minori
Casa delle donne Ravenna