“Occorre tenere conto come a causa della pandemia le liste di attesa per visite specialistiche ed esami diagnostici strumentali abbiano subito un forte ritardo, ma allo stesso tempo non si può non ammettere che la questione è diventata annosa o, comunque, tende a  ripetersi ciclicamente. Peraltro il  recente piano proposto dalla Regione fornisce una prima risposta a questa vera e propria emergenza, tuttavia dalle indicazioni emerse, gli orientamenti dell’ente regionale non riconducono certamente alla normalità una situazione molto grave che fa registrare tempi biblici per l’accesso alle prestazioni. Infatti gli obiettivi prevedono le visite specialistiche entro un massimo di un mese, gli approfondimenti diagnostici contenuti entro i 60 giorni,  – ancora troppi rispetto alle numerose esigenze dei cittadini -, così come sono  decisamente inaccettabili i periodi di prenotazione per interventi chirurgici. Una soluzione  organizzativa, insomma, complessivamente molto debole mentre servirebbero  impegni concreti e risorse certe, oltre all’  impiego di specialisti con  investimenti più adeguati rispetto all’offerta proposta. Uno sforzo prevalentemente economico condiviso fra stato e regione non più rinviabile, pena il blackout dell’intero sistema già lacerato da una pandemia e da un conseguente assorbimento di risorse economiche  senza precedenti. Ben venga, dunque, l’attuazione di  questo Piano, ma certamente insufficiente per riportare l’organizzazione delle liste di attesa alla normalità, comprese le prestazioni le cui prenotazioni sono tuttora chiuse.

Vi è poi un altro aspetto strettamente legato al tema,  riguardante i consumi impropri e l’organizzazione del territorio ancora molto lenta e lacunosa. Il territorio, infatti,  dovrebbe fare da filtro, indirizzare meglio la domanda in tendente aumento  e gestire alcune prestazioni specialistiche. Dall’altro, però, tutto questo si scontra con la diminuzione di medici, con  l’eccessivo carico di burocrazia e, non ultimo con la carenza di strumenti diagnostici: motivi sufficienti per  penalizzare una vera e propria organizzazione territoriale della sanità.

È giunto, dunque,  il momento di una profonda e radicale trasformazione per affrontare questi nodi che si traducono in oggettive difficoltà specie per le categorie più deboli impossibilitate ad accedere a visite a pagamento.”